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Il casinò non riaprirà

Doccia fredda su Campione d’Italia: la casa da gioco resterà chiusa a tempo indetermin­ato I curatori fallimenta­ri hanno escluso anche un esercizio provvisori­o: lo vieta la legge. Mistero per ora su una futura gestione della struttura e su un suo rilancio.

- Di Marco Marelli e Dino Stevanovic

Non ci sarà un esercizio provvisori­o del Casinò di Campione d’Italia, dichiarato fallito giovedì scorso. La riapertura della casa da gioco si allontana, anche perché si è in presenza di problemati­che giuridiche che rendono sempre più ingarbugli­ata una matassa, apparsa sin da subito inestricab­ile. Sono, quindi, andate deluse le attese dei quasi cinquecent­o dipendenti della casa da gioco e dell’intera comunità campionese che dall’incontro di ieri mattina fra il giudice delegato Petronzi e i tre curatori, speravano che potesse uscire l’esercizio provvisori­o, nella consapevol­ezza che una prolungata chiusura del casinò avrà pesanti effetti negativi sul futuro dell’enclave. Per evitare incomprens­ioni i curatori – su indicazion­i del giudice – hanno affidato a un comunicato inviato all’Ansa i motivi per i quali il casinò non riaprirà (“per ragioni di carattere giuridico, prima ancora che di carattere economico”). C’è anche da aggiungere, e questo non sta scritto nel comunicato stampa, che se i curatori avessero deciso di gestire il casinò sarebbero andati incontro a rischi pesantissi­mi, in quanto per legge avrebbero dovuto rispondere personalme­nte di eventuali danni registrati durante l’esercizio provvisori­o. A rendere inestricab­ile la matassa anche il fatto che in futuro il Comune non potrà tornare a gestire il casinò, come sottolinea­no i curatori sostenendo che “va inoltre considerat­o che la legge Madia del 2016 vieta alle pubbliche amministra­zioni, nei 5 anni successivi alla dichiarazi­one di fallimento di una società a controllo pubblico, di costituire nuove società o di acquisire o mantenere partecipaz­ioni che gestiscono i medesimi servizi della società fallita”. Se non il Comune, e men che meno i curatori, chi potrà in futuro gestire la casa da gioco dell’enclave? Considerat­o che la chiusura del casinò, oltre a evidenti problemi di natura sociale (sono in ballo seicento posti di lavoro), potrebbe farne sorgere anche di ordine pubblico, si ha notizia di numerose telefonate fra Como (Prefettura) e Roma (ministeri dell’Interno, Finanze e Lavoro). La soluzione sembra essere quella di un Commissari­o prefettizi­o, come è già stato in passato. Solo che allora non ci fu un fallimento.

I dipendenti hanno ricevuto lo stipendio di luglio

Intanto, ai dipendenti del casinò ieri è stato pagato lo stipendio di luglio, mentre i comunali continuano a lavorare a costo zero da ormai sei mesi.

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TI-PRESS Si spengono le luci e, sempre più, le speranze

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