Dario Fo è un ‘Italiano della Repubblica’ per la Treccani
Quel suo essere artista a tutto tondo, capace di eccellere nel teatro, nella radio e nel cinema, passando dalla televisione, la musica e la pittura, sempre con il fine di divertire e far riflettere, sbeffeggiando i potenti e parlando agli umili. Il sorriso contagioso e gli occhi espressivi, in un corpo dinoccolato e goffo che con maestria acrobatica sfidava la forza di gravità; e poi quello strano ma comprensibilissimo grammelot, la lingua scenica improvvisata, musicale e parodistica, ricchissima di vernacoli medievali del Nord e Centro Italia, che divenne uno dei suoi tratti distintivi. È impossibile dimenticare l’eredità artistica e lo spessore umano di Dario Fo, attore e regista, giullare e intellettuale militante, la cui biografia l’Enciclopedia italiana Treccani ha scelto di inserire nella sezione “Gli Italiani della Repubblica” del sito internet. Scritta da Paolo Puppa, la biografia offre un quadro esaustivo dell’esistenza umana e professionale di Fo: dalla scoperta del disegno e della passione per le storie, da ascoltare e da raccontare, fino al lavoro nella rivista radiofonica e al passaggio alla commedia leggera; poi la svolta politica e la voglia di affermare la sua natura di giullare impegnato ideologicamente. L’autore di ‘Mistero Buffo’, ‘L’operaio conosce 300 parole, il padrone mille. Per questo il padrone è il padrone’, ‘Lu santo jullare Francesco’, ‘Fabulazzo osceno’, viene raccontato dunque nelle sue tante esperienze artistiche e nell’impegno politico, oltre che ovviamente nel rapporto con l’attrice Franca Rame, partner nella vita e nel lavoro. Compagni di tante battaglie sul palcoscenico e fuori, Fo e Rame vennero anche “epurati” dalla tv di Stato: per via degli sketch satirici sulla mafia e gli incidenti sul lavoro venne cancellata nel 1962 la loro partecipazione a Canzonissima. Oltre a essere l’autore teatrale italiano più premiato, più rappresentato in Italia e oltre confine, Fo ottenne tanti riconoscimenti, dal Biglietto d’oro dell’Agis alle lauree ad honorem fino al premio Nobel per la letteratura, di cui venne insignito il 10 dicembre 1997, per il quale arrivarono proteste da parte della destra e di alcuni scrittori italiani. “Nella tradizione dei giullari medievali, [il giullare] dileggia il potere e restituisce dignità agli oppressi”, si legge nella motivazione data dall’Accademia di Svezia: parole perfette per descrivere l’uomo accanto all’artista.