Meyer va di fretta
Officine: ‘Se si discuterà ancora a lungo valuteremo altre opzioni fuori Ticino’ Intanto, sulla questione ritardi sulla tratta a Sud di Lugano, parla l’Astuti: ‘La rete è migliorabile’
Castione, il Ticino prenda o lasci. Si possono interpretare così le parole pronunciate ieri a Bellinzona dal Ceo delle Ffs, Andreas Meyer, riguardo all’ubicazione delle nuove officine. «Se discutiamo troppo a lungo a proposito di quale area utilizzare, a un certo punto le Ffs dovranno valutare altre possibilità, se non possiamo trovarla in Ticino», ha detto il numero uno delle Ferrovie durante la conferenza stampa a Palazzo delle Orsoline, appuntamento fisso per fare il punto della situazione tra Ferrovie e governo ticinese. Dichiarazioni che arrivano qualche giorno dopo la notizia della presa di posizione dei Comuni di Personico, Bodio e Giornico. I tre Municipi intenderebbero opporsi all’insediamento del nuovo stabilimento industriale nella località bellinzonese, ufficializzato a inizio giugno dalle Ferrovie e appoggiato da Cantone e Città di Bellinzona, pronti a destinarvi rispettivamente 100 e 20 milioni necessari a entrare in possesso di circa la metà del comparto cittadino. Dopo la firma congiunta della lettera d’intenti tra governo, Città di Bellinzona e Ffs l’11 dicembre 2017, lo scenario intorno al nuovo stabilimento industriale in Ticino aveva assunto contorni sempre più definiti, delineatisi ancor più con la scelta di Castione, ufficializzata a inizio giugno. In questo senso Meyer ribadisce la volontà di puntare sulla località bellinzonese («ora come ora non sapremmo come finanziare l’investimento e sostenere i costi dell’opera in un altro luogo, dove avremmo molti più svantaggi») ed esclude altre ubicazioni in Ticino (come l’ex Monteforno proposta dalla Bassa Leventina). Ma l’ipotesi di un collocamento fuori Ticino non è pertanto remota se le discussioni dovessero proseguire ancora per molto. «Siamo in una fase delicata, per cui urge trovare una soluzione – ha continuato Meyer –. Per il momento posso dire che non abbiamo ancora dato nessun mandato per trovare un’altra ubicazione. Ma è chiaro che una storia senza fine non può portare a un risultato positivo».
‘Siamo nei tempi stabiliti’
Frasi che suonano come una minaccia, ma tale non viene avvertita dal presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento del territorio, Claudio Zali. «Non abbiamo nessuna pressione. Siamo consapevoli che un momento importante nel percorso da compiere per arrivare a una firma vincolante, e non solo di intenti, sarà il passaggio in Gran Consiglio del messaggio governativo. E prima di questo sarà decisivo e significativo il passaggio davanti alla Commissione della gestione, che ha previsto delle audizioni con una delegazione delle Ffs». Ma esiste un ultimatum imposto dalle Ferrovie? «Di scadenze temporali ce ne sono sempre – ha proseguito Zali –. Posso dire che siamo nei tempi stabiliti. Ci siamo dati un periodo sufficiente per maturare un processo democratico al nostro inter-
no, compiuto correttamente. Il messaggio del Consiglio di Stato è stato firmato nei tempi previsti, abbiamo considerato la durata del processo democratico davanti al Gran Consiglio, come pure un’eventuale votazione popolare qualora venisse lanciato un referendum». Un problema, annota Zali, potrebbe sorgere se il legislativo tenesse il messaggio in
sospeso per due anni: «Ma non è quello che ci aspettiamo. Probabilmente verrà data una risposta entro fine anno o inizio 2019. Il tutto secondo i normali tempi politici di una richiesta di credito». Opinione diametralmente opposta quella del Movimento per il socialismo, secondo cui le parole di Meyer suonano come una minaccia farcita da arroganza.
Sempre ieri le Ffs in un comunicato hanno ribadito che l’officina non attuerà licenziamenti ma unicamente fluttuazioni del personale: a questo riguardo “si stanno già ponendo le basi per un piano di formazione e riqualificazione per i collaboratori”. I dipendenti, ricordiamo, passerebbero dalle attuali 350 unità a tempo pieno a meno di 200.