Metti una notte in Rotonda
Quattro passi con Mattia Storni, vicedirettore operativo del Locarno Festival Realtà virtuale, street food, artigianato, musica dal vivo, dj set e party ‘silenziosi’. Accade ogni sera in Rotonda.
«Mio padre faceva l’autista per il Festival, questa manifestazione l’ho vissuta sin da bambino. Ora lavorarci è un privilegio». Sono i ricordi di Mattia Storni, vicedirettore operativo del Locarno Festival. Una parte dei ricordi, perché nell’infanzia del 36enne locarnese c’è anche un «padrino che collaborava con Cinema & Gioventù, e il Festival me lo raccontava spesso». Dopo i precedenti 4 anni nel ramo turistico, dal settembre del 2017 Storni si occupa della complessa macchina operativa di una rassegna che ha ormai 71 anni, un solo passo dietro e in armonia col direttore operativo Raphaël Brunschwig. «È un impegno a tempo pieno, che ti prende tanto tempo e poi concentra il lavoro di un anno intero nei non molti giorni di Festival. Un lavoro che arricchisce, non mi era mai successo di entrare in contatto con un tale numero di persone con interessi diversi, che confluiscono in uno scopo comune». Una rassegna di questa portata ha, operativamente, numeri elevati. «Sono 20 le persone che formano il nocciolo della squadra durante l’anno, ma stamattina siamo in 800, anche aggiungendo chi lavora per la Rotonda» precisa il vicedirettore. Una Rotonda da qualche anno griffata degli stessi colori del Festival e della quale Storni è anche il capo-villaggio, visto che gli spazi circolari che ospitano tutto l’intrattenimento che non è rassegna cinematografica sono, testualmente, “Il villaggio del Locarno Festival”.
‘Una piccola Piazza Ticino’
«L’impostazione in Rotonda è pianificata su 3 anni» spiega Storni. E visto che «a ogni nuova edizione s’inizia a lavorare il primo giorno di Festival e il primo giorno dopo il Festival», le novità 2018 sono l’esplosione dello «street food Ticino, 5 food truck tutti ticinesi con i quali portiamo il territorio in Rotonda» e i Ticinomaker, «l’artigianato ticinese dei fabbricanti di cinture, scarpe, borse. L’idea è di riuscire a rendere quella zona, negli anni, una piccola Piazza Ticino». Novità assoluta, la grande festa di chiusura del Festival, per una Rotonda «ancor più integrata». Per Storni, il valore aggiunto di questo spazio («un luogo collaterale al Festival, non a caso è ‘Il villaggio del Locarno Festival’») si vede sin da subito: «Dall’entrata, dal comparto dedicato alla virtual reality in collaborazione con il Geneva International Film Festival», all’interno del quale si può vivere l’esperienza della realtà virtuale applicata al cinema». Le scelte musicali sono nelle mani di Gian-Andrea Costa di ReteTre, su progetto comune: «In inverno – spiega il vicedirettore – ci siamo trovati a ragionare sui contenuti. La nostra indi-
cazione è stata la qualità, nazionale e internazionale. E un mix di emergenti e affermati, concetto che sta diventando pian piano sempre più comprensibile». E poi dj set e – apprezzatissimi dal vicinato – i silent party (musica in cuffia per fare tutto il baccano che si vuole). Le Abel Ferrara session del 2016 (il regista, a sorpresa, si esibì alla chitarra) potrebbero ripetersi, ma «la spontaneità è il segreto. Comunque è noto che di là c’è un palco aperto…». Il Festival va sempre d’accordo con i locarnesi, Storni? «Il locarnese risponde molto bene. Come tutte le grandi manifestazioni, anche questa non è indolore, ma non ci sono assolutamente problemi di convivenza. Cerchiamo la collaborazione di tutti visto che dobbiamo accogliere tantissime persone». Per concludere: vincerà il film che dura 14 ore? «Purtroppo non credo avrò l’occasione di vederlo durante il Festival, spero di poterlo recuperare subito dopo...».