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Ci vuole un vuoto dentro di sé

- TS

Ieri, nella sezione sempre appetibile del Panorama Suisse, è andato in scena ‘Where Are You, João Gilberto?’, del regista Georges Gachot, una sorta di teutonico, discreto ma non troppo, Michael Moore in salsa Thomas Mann. Siamo in Brasile, luogo in cui prende avvio una melodramma­tica, misteriosa caccia nella caccia. Gachot, infatti, stringe tra le mani il volume di uno scrittore tedesco, Marc Fischer, che racconta la sua disperata, ossessiva ricerca del grande cantautore e inventore della bossa nova João Gilberto, il quale, da quanto si capisce, vive in una sorta di reclusione dovuta o a una intollerab­ile misantropi­a o, al contrario, a un amore così viscerale e smisurato per l’umanità da renderglie­la infrequent­abile. Il giovane Fischer si autoprocla­ma novello Sherlock Holmes e interroga, batte piste, inventa stratagemm­i pur di raggiunger­e l’inavvicina­bile musicista. Che cosa tiene lontano João Gilberto dalle persone? Come mai questo scrittore tedesco si toglie la vita a un mese dalla pubblicazi­one del suo resoconto? C’è una relazione tra la malinconia cantata così meraviglio­samente dall’autore brasiliano e la difficoltà di vivere di Marc Fischer? Sono questi i quesiti che, forse, Gachot ha cercato di scandaglia­re, in un percorso intimo e delicato che è allietato dalle musiche, dai volti e dalle parole degli amici abbandonat­i da Gilberto e che tuttavia, nonostante un finale apparentem­ente catartico, sembra rimettere la pietra lì dove era, a tappare un vuoto, un abisso che, questa volta, non ha generato una stella danzante.

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‘Where Are You, João Gilberto?’

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