Droni contro Maduro
Il presidente venezuelano accusa l’estrema destra, la Colombia e ‘finanziatori della Florida’
Sette membri della Guardia Nazionale feriti nel presunto attentato. Ma la versione ufficiale dei fatti viene respinta da più parti.
Caracas – «Oggi hanno cercato di uccidermi». Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, annuncia di essere stato vittima di un attentato, un attacco rocambolesco, compiuto da droni esplosivi durante una parata militare a Caracas, accusando l’opposizione e il governo della vicina Colombia di aver organizzato l’azione. Su cui però ci sono molti dubbi. Una cosa è certa: sabato, poco dopo le 17.30 (era da poco passata la mezzanotte in Svizzera), Maduro stava pronunciando un discorso dal palco ufficiale sulla avenida Bolivar, nel centro di Caracas, quando si è interrotto, guardando in alto – come ha fatto la moglie, Cilia Flores, e altre autorità che gli stavano accanto – con aria preoccupata. Nei secondi seguenti, prima che la tv interrompesse la trasmissione in diretta, si è visto Maduro circondato e protetto da almeno quattro agenti di sicurezza, mentre centinaia di militari, che si trovavano in formazione di sfilata sulla strada, fuggivano in ogni direzione. Poco dopo, il ministro della Comunicazione, Jorge Rodriguez, ha dichiarato che si era trattato di un «attentato messo a segno con apparecchi volanti di tipo drone, che contenevano forti cariche esplosive, fatte brillare vicino alla tribuna presidenziale e in altri punti della sfilata». Lo stesso Maduro lo ha confermato: «Davanti a me è esploso un apparecchio volante, è stata una grande esplosione», ha detto nel suo primo discorso dopo l’incidente. Per poi aggiungere che «pochissimi secondi, microsecondi dopo, c’è stata una seconda esplosione, dietro al palco dove c’erano ufficiali e famigliari, alla mia destra».
Diversi arresti
Nello stesso messaggio, il presidente venezuelano ha sottolineato che non ha «alcun dubbio» che l’attentato contro la sua vita è stato organizzato dall’estrema destra venezuelana e colombiana, «finanziatori della Florida» e dal presidente colombiano, Juan Manuel Santos. Vari implicati nell’attentato – nel quale sono rimasti feriti sette membri della Guardia Nazionale – sono già stati arrestati, ha precisato Maduro, mentre la Procura nazionale ha annunciato che i detenuti saranno presentati in pubblico oggi. Questa versione ufficiale dei fatti, però, è stata non solamente respinta dall’opposizione venezuelana e dal governo colombiano, ma anche messa in dubbio da varie notizie raccolte da fonti di stampa presenti durante la sfilata in cui è avvenuto il presunto attacco. Anzitutto, diverse segnalano che malgrado la presenza di molte telecamere e camere fotografiche nella zona della sfilata, non esiste una sola immagine dei droni (almeno due) che sarebbero stati usati contro Maduro, né della loro esplosione, che sarebbe stata causata dall’intervento di franchi tiratori. Fonti dei pompieri locali, citate dalla Ap, hanno riferito a loro volta che l’esplosione che si sente nella registrazione del discorso di Maduro – prima dell’interruzione della trasmissione – proveniva di fatto da una bombola a gas in un palazzo che si trova dall’altra parte dell’avenida Bolivar. Alcune immagini dell’agenzia spagnola Efe e della cinese Xinhua costituiscono a loro volta l’unica testimonianza dei feriti dall’esplosione e del lavoro svolto dalla polizia nel luogo in cui sarebbero caduti i resti dei droni abbattuti. Poche ore dopo l’attentato, o presunto tale, su Twitter è stata pubblicata una rivendicazione firmata da un gruppo finora sconosciuto, ‘Soldados de franela’ (soldati con la felpa) nel quale si parla di una “operazione militare” con “droni carichi di esplosivo C4 sul palco presidenziale”, che sono stati però “abbattuti da franchi tiratori prima che potessero raggiungere il loro obiettivo”. I media locali ipotizzano che i ‘Soldados de franela’ potrebbero essere legati al gruppo di Oscar Pérez, l’ufficiale della polizia che aveva lanciato un inedito attacco in elicottero contro sedi del governo l’anno scorso e che fu ucciso in gennaio dalle forze di sicurezza.