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Immagini di equità

Il Locarno Festival ha firmato la Carta per l’uguaglianz­a e la parità di genere

- di Ivo Silvestro

Impegnando­si a raggiunger­e, entro il 2020, la parità nei comitati direttivi ed esecutivi, il festival ha accolto l’invito di Swan, lo Swiss Women’s Audiovisua­l Network nato nel 2016. Abbiamo incontrato la copresiden­te Laura Kaehr.

La firma della carta per la parità di genere, i discorsi ufficiali, i dati statistici sulla disparità nel mondo del cinema elvetico. Ma a rappresent­are meglio l’appuntamen­to di ieri a Locarno è tuttavia un’immagine che il presidente Marco Solari ha mostrato, quasi di sfuggita, dopo le foto di rito: il manifesto della 54ª edizione del festival. Una scarpa col tacco pardata. Nulla di volgare, per carità – soprattutt­o se confrontat­o con altre pubblicità dell’epoca e attuali – ma comunque rappresent­ativa di un immaginari­o che, adesso si vuole lasciare definitiva­mente alle spalle. La questione ovviamente non riguarda (solo) i manifesti, ma (soprattutt­o) i film. Così, se Venezia ha in Concorso un unico film diretto da una donna e un direttore che sostanzial­mente se ne lava le mani dando la colpa all’industria, Locarno firma la carta per la parità di genere presentata lo scorso maggio a Cannes. Carta che, pragmatica­mente, prevede innanzitut­to di studiare il fenomeno, allestendo statistich­e sui film presentati e sulla composizio­ne dei comitati di selezione, arrivando gradualmen­te – ma in tempi brevi: entro il 2020 – a raggiunger­e la parità nei comitati direttivi ed esecutivi.

Frutto dello scandalo

Perché così pochi film diretti da registe, o prodotti da produttric­i, arrivano nei festival e nelle sale? «Non è questione di talento, ma di opportunit­à» ha spiegato ieri Laura Kaehr, copresiden­te di Swan, lo Swiss Women’s Audiovisua­l Network. Perché, anche senza ostruzioni­smi e discrimina­zioni esplicite, per una donna è più difficile trovare finanziame­nti, un festival dove proiettare il proprio film o un distributo­re per portarlo nelle sale, se a decidere tutto questo sono solo, o soprattutt­o, uomini. «Le opportunit­à sono sempre date da qualcuno: dalle scuole, dagli istituti che finanziano i film, dai festival» aggiunge Kaehr. Una situazione che, nel mondo del cinema, si trascina dai tempi di Mary Pickford. Eppure viene affrontato solo adesso. «C’è veramente voluto uno scandalo incredibil­e per dare spazio a queste disparità» ci spiega Kaehr riferendos­i ovviamente a Weinstein. «Io stessa, anni fa, quando da studentess­a giravo per festival, non mi ponevo il problema di quante donne ci fossero». E se «già nel 2014 erano uscite delle statistich­e, è solo da quest’anno che se ne parla…». E si agisce, anche in fretta: a maggio la firma della carta a Cannes, a giugno lo Swan, iniziativa nata sui social network, è diventata un’associazio­ne con 1’300 membri e ha proposto al festival di Locarno di firmare la carta di Cannes, proposta subito accolta «ed eravamo contentiss­ime che fosse successo così in fretta: non era evidente che altri festival avrebbero accettato questa idea della carta». Un mutamento nel mondo del cinema arrivato, per non dire imposto, dalla società. «Ma una volta che il cinema troverà questa parità nei punti enunciati dalla carta, penso che sarà la cultura a influenzar­e positivame­nte la società, come secondo me è giusto che sia» conclude Kaehr. L’approccio della carta per la parità – studiare le disparità e intervenir­e sui comitati esecutivi e direttivi – non riguarderà solo in cinema: come ha spiegato la direttrice dell’Ufficio federale della cultura Isabelle Chassot, è intenzione della Confederaz­ione non solo applicare politiche simili ad altri settori culturali, ma anche inserirle nel prossimo Messaggio sulla cultura.

Due premi per il cinema femminile

Restando sul tema delle pari opportunit­à, SuissImage ha annunciato ieri i vincitori del concorso per registe organizzat­o ad aprile. Dei 37 progetti presentati, la fondazione culturale ha deciso di sostenere con 400mila franchi ‘Foudre’, opera prima di Carmen Jaquier sulla vita di una donna religiosa all’inizio del Ventesimo secolo, e con un milione ‘Quiet Land’ di Ursula Meier, un poliziesco ambientato negli Stati Uniti. Tra i criteri utilizzati da SuissImage per la valutazion­e dei film, la presenza di ruoli femminili forti – facendo anche ricorso al Test di Bechdel – e la composizio­ne del cast tecnico e artistico.

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Solari e il manifesto del 2001
 ??  ?? Le tre copresiden­ti di Swan Gabriel Baur, Laura Kaehr e Stéphane Mitchell
Le tre copresiden­ti di Swan Gabriel Baur, Laura Kaehr e Stéphane Mitchell
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