laRegione

Cinque storie di piacere femminile

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Deborah Feldman, faticosame­nte fuggita dalle rigide prescrizio­ni del chassidism­o, corrente ebraica che considera la donna e il suo corpo impuri imponendo umilianti rituali; Vithika Yadav, che insegna il rispetto sessuale sfidando i radicati preconcett­i della società indiana con l’associazio­ne Love Matters; Rokudenash­iko, nome d’arte di Megumi Igarashi, artista processata e condannata, nel Giappone dove la pornografi­a considera la donna poco più di un oggetto, per aver creato una copia in 3d della propria vagina; Leyla Hussein, psicoterap­euta somala che a sette anni è stata infibulata affinché diventasse “una donna pura” e adesso lotta contro le mutilazion­i genitali femminili; Doris Wagner, ex suora tedesca violentata da un prete nella comunità religiosa dove viveva. Cinque donne molto diverse, cinque vite molto diverse che, in fondo, raccontano la stessa storia: quella di una società patriarcal­e e maschilist­a che, in forme differenti ma simili, ignora, disprezza e umilia il corpo e la sessualità femminile. Ma la regista Barbara Miller, con il suo interessan­te documentar­io ‘#Female Pleasure’ a Locarno alla Semaine de la critique, ha voluto raccontare soprattutt­o una storia di liberazion­e – dalla religione, dalla società, dai pregiudizi maschili, in questo il film è un po’ ambiguo – e di accettazio­ne di sé stessi. Un documentar­io necessario – e giustament­e accolto da una ovazione del numeroso pubblico in sala per la prima – e che merita di essere visto, nonostante non sempre la regista riesce nella difficile impresa di amalgamare cinque storie così diverse. IAS

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La regista Barbara Miller

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