Chi non è con me è contro…
Donald Trump rinnova le minacce agli europei dopo la reintroduzione delle sanzioni all’Iran
La rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini invita le imprese a non sospendere il business con Teheran
Washington – Per chi non l’avesse capito: “Chiunque faccia affari con l’Iran NON farà affari con gli Stati Uniti”. A Donald Trump è stato sufficiente sparare un tweet ad alzo zero per ricordare al mondo che la sua guerra non è rivolta soltanto al regime degli ayatollah, ma a chiunque non si adegui alla politica di Washington. Sfida raccolta dalla responsabile della politica estera della Ue Federica Mogherini, che si è rivolta alle imprese europee: andate avanti con i vostri affari e i vostri investimenti con Teheran. E non temete le minacce perché vi sosterremo, ha detto, assicurando che l’Europa non lascerà morire lo storico accordo sul nucleare iraniano del 2015. Per sapere se Mogherini è risultata convincente bisognerà attendere del tempo, ma è già significativo che la Daimler – che aveva annunciato un anno fa l’avvio di una joint venture in Iran – ha confermato questa settimana che non se ne farà niente. Lo scontro tra Stati Uniti e Unione europea era nell’aria, e paradossalmente pare preoccupare più di quello militarmente non meno disastroso (per ora in potenza) con la Repubblica islamica. Portato a questo punto, il conflitto non sembra facilmente risolvibile. Bruxelles non sembra voler rimanere a guardare, ma anche i governi nazionali, da Londra a Parigi e Berlino, non se ne stanno tranquilli. A Bruxelles non sono andati giù i toni intimidatori di Trump, tornato a evocare sanzioni che non risparmierebbero nemmeno i Paesi un tempo chiamati amici, come accaduto del resto sul fronte dei dazi. Il presidente (ben più rude con gli europei che con Russia e Cina...) ha messo in guardia innanzitutto gli altri Paesi firmatari dell’intesa del 2015, che a differenza degli Stati Uniti restano coerenti con il patto e ne difendono l’equità, considerandolo ancora l’unica vera strada per scongiurare il peggio, vale a dire una ripresa incontrollata del programma di armamento nucleare della Repubblica islamica. Ma la Casa Bianca, complice la sintonia tra Trump e Netanyahu, è tornata ad accusare Teheran di finanziare il terrorismo e di destabilizzare la regione mediorientale, rappresentando così una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Per questo nelle ultime ore è stata attivata una prima ondata di sanzioni su oro, metalli preziosi, auto, tappeti. Quella più estesa e pesante è invece attesa per il 5 novembre, e prenderà di mira il settore petrolifero e quello bancario. Una mossa che potrebbe mettere in ginocchio l’economia iraniana con il rischio sempre maggiore di rivolte popolari, con il valore del rial ai minimi e i prezzi dei generi di prima necessità sempre in aumento inarrestabile. Ed è forse proprio su questo che punta l’amministrazione Trump, confidando di mettere così pressione sui vertici della Repubblica islamica e di strappare considerevoli concessioni in un eventuale nuovo negoziato. Trattativa che Trump si è detto disposto ad aprite subito incontrando in qualunque momento il presidente iraniano Hassan Rohani. Ma nessuno ne vuole sapere: Teheran ha già chiuso la porta e gli europei sono sul piede di guerra per le sanzioni ripristinate.