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È volontaria­to, è profession­e

Dalla formazione all’approccio politico: come si evolve il mondo della solidariet­à A settembre parte la quinta edizione del Certificat­o di studi avanzati in Cooperazio­ne e sviluppo alla Supsi; intervista al responsabi­le Claudio Valsangiac­omo

- Di Dino Stevanovic

«Il motore del volontaria­to è il cuore». Non sono molti, ma come sottolinea Claudio Valsangiac­omo, il requisito principale per ottenere il Certificat­o di studi avanzati (Cas) in Cooperazio­ne e sviluppo nasce dalla volontà di lavorare con i Paesi poveri del nostro pianeta. «Non è un corso riservato solo a chi è già attivo profession­almente – specifica il responsabi­le del Cas –: in linea di massima è necessaria una laurea (bachelor o master, ndr), ma in casi eccezional­i sono ammesse anche persone ‘su dossier’, ossia che hanno già maturato una tale esperienza da giustifica­re la formazione». Alla sua quinta edizione, il Cas è «nato dall’esigenza di avere in Svizzera anche una formazione in italiano». Ne esistono infatti già due: una a Zurigo e l’altra a Ginevra. «Nell’amministra­zione federale a Berna siamo nettamente sottorappr­esentati e questo vale anche nel nostro settore – valuta Valsangiac­omo –. Ne abbiamo parlato con l’ex direttore della Direzione dello sviluppo e della cooperazio­ne (Dsc), decidendo di fare qualcosa: così è nato il Cas». L’esigenza è nata dai cambiament­i nel mondo del volontaria­to (cfr. intervista a lato), che si profession­alizza sempre di più. «Anche la terminolog­ia è cambiata. Una volta si parlava di Terzo Mondo, oggi di Paesi in via di sviluppo, per esempio. Si usa ‘cooperazio­ne’ al posto di ‘aiuto’».

Grande l’interesse: in quattro anni una sessantina di diplomi. Gli sbocchi profession­ali? Nelle Organizzaz­ioni non governativ­e e nelle istituzion­i.

Il Cas è un diploma post-universita­rio. Dura da settembre a maggio: «Sono circa venticinqu­e giornate di lezione frontale e altrettant­e di lavoro a casa con un esame teorico e un elaborato scritto alla fine». Durante l’anno scolastico sono previste due visite extra-muros: alle organizzaz­ioni internazio­nali con sede a Roma e alla Dsc a Berna. Il programma d’insegnamen­to si divide in tre moduli: uno generale sui principi, la storia, le organizzaz­ioni e il funzioname­nto della cooperazio­ne; un secondo in cui gli studenti hanno il compito di costruire da capo a piedi un progetto; e l’ultimo in cui si approfondi­scono temi specifici basati sull’Agenda 2030. Il costo è di 2’900 franchi. L’interesse registrato finora è elevato – una sessantina i diplomati in quattro anni –, ma ci sono gli sbocchi profession­ali una volta terminata la formazione? «Si tratta di un valore aggiunto a qualcosa che una persona già ha. Ci sono dei volontari che vogliono fare un salto di qualità. È un certificat­o personaliz­zante per accedere a delle posizioni che sono sempre di più: ad esempio, diverse Ong in Ticino adesso hanno il segretario generale – spiega il direttore –. Ci sono poi degli sbocchi istituzion­ali». Le iscrizioni stanno chiudendo, ma ci sono ancora un paio di posti per gli interessat­i. Il Cas risulta essere in sostanza il prodotto del partenaria­to fra due diversi tipi di know-how, quello della Fosit e quello accademico della Supsi. «A livello cantonale siamo noi il centro di competenza nel settore. Abbiamo decine di studenti che vanno a fare i loro praticanta­ti nelle Ong nei Paesi in via di sviluppo». Oltre alla formazione continua, alla Supsi si fa infatti anche ricerca applicata e insegnamen­to di base.

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I corsisti dell’anno scorso in visita a Roma

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