L’alternativa (e l’affare) della Gronda
Un’alternativa c’era: la cosiddetta “Gronda”. Il progetto di nuovo tracciato presentato da Autostrade per l’Italia (Aspi) per “alleggerire il tratto di A10 più interconnesso con la città di Genova” (in sostanza per deviare il traffico dal viadotto crollato martedì) è stato oggetto di una virulenta battaglia politica che ha portato alla sua sospensione e, oggi, a una sua riesumazione non meno polemica. A non volere l’opera furono soprattutto i grillini che, per appoggiare l’opposizione al progetto, si spinsero all’infelice affermazione circa la “favoletta dell’imminente crollo del Ponte Morandi”. Ma contrario fu anche il sindaco Marco Doria, sostenuto dalla sinistra, che ritenne non necessaria l’opera. Anche al di fuori della politica, tuttavia, le obiezioni alla realizzazione della variante non furono poche. Focalizzate, in particolare, alle condizioni riconosciute dallo Stato ad Autostrade per l’Italia per la costruzione della Gronda. In sostanza, scrisse ad esempio l’economista Giorgio Ragazzi su lavoce.info, l’accordo governo-Aspi prevedeva che la società costruisse il passante di Genova con una spesa di 4,3 miliardi di euro, in cambio di una proroga della concessione dal 2038 al 2042 e il diritto a un indennizzo “di subentro” di 5,7 miliardi a fine concessione. Un accordo, secondo Ragazzi, che “sembra costruito per dare carta bianca alla concessionaria e legare le mani per i prossimi decenni a un futuro diverso regolatore”. Condizioni che non erano sfuggite alla Commissione europea che vi aveva intravisto una “deroga” alle norme sulla concorrenza, ma aveva lasciato correre. Se tutto ciò basti a ritenere inutile o dannosa la gronda (alla quale l’ultimo governo aveva dato nuovamente l’ok) è una questione che non si risolverà in breve. Sta di fatto che la sola alternativa al Ponte Morandi è stata messa da parte da chi oggi si straccia le vesti per quanto è accaduto. Il 4 dicembre 2012, il presidente degli industriali di Genova Giovanni Calvini, rivolgendosi alla giunta comunale, disse: “Voglio essere chiaro. Questa giunta non può pensare che la realizzazione dell’opera non sia un problema suo. Perché, guardi, quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo di chi adesso ha detto no”. Forse si era lasciato prendere dalla foga oratoria, e comunque non aveva messo nel conto i morti provocati dal crollo della sua profezia retorica. Ma è pur vero che la replica di Paolo Puttin, consigliere comunale del Movimento Cinque Stelle, è rimasta scolpita nella memoria di molti e oggi risuona come una condanna “[…] dice che il Ponte Morandi crollerà fra dieci anni. A noi Autostrade ha detto che per altri cento anni può stare in piedi”. L’ha detto Autostrade.