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Lo spazio totale è storico

Fino a settembre, la Fondazione Ghisla a Locarno propone la mostra temporanea di Mario Nigro Il lavoro stratifica­to dell’artista toscano è riferiment­o potenziale per la società: è atto politico

- Di Vito Calabretta

Con la mostra dedicata a Mario Nigro la Fondazione Ghisla di Locarno contribuis­ce a coltivare la relazione tra la cultura ticinese e quella internazio­nale attraverso la rassegna di atteggiame­nti ed esperienze storiche nella produzione artistica. È casuale ma piuttosto interessan­te il fatto che la mostra di Locarno corra in parallelo con quella dedicata dalla Fondazione Lindenberg di Porza ad Adriano Pitschen. Il pubblico ha infatti l’opportunit­à di accedere a due modi di dipingere sicurament­e nettamente distinti ma non solo interessan­ti e lodevoli: i due artisti esprimono due pensieri possibili rispetto al mestiere di pittore che decide di rappresent­are, nel quadro, una astrazione dalla realtà. Per accedere al lavoro di Mario Nigro, oltre all’esposizion­e di Locarno, è utilissimo il catalogo prodotto dalla Fondazione Ragghianti per la cura di Francesca Pola e di Paolo Bolpagni, autori di due testi che ci guidano nella complessa stratifica­zione dell’artista toscano. A mio modesto avviso, la semplice fruizione delle opere esposte in mostra rischia di indurci in trappole percettive fuorvianti, sia rispetto alla comprensio­ne del lavoro dell’artista, sia rispetto alla comprensio­ne di come l’arte astratta sia un modo di analizzare la realtà e di intervenir­e su di essa. Nel caso di Mario Nigro l’intervento dell’artista è politico, proprio per il modo in cui si concentra sulle condizioni della pittura (la concentraz­ione sulle condizioni possibili della pittura e sulle scelte che l’artista deve responsabi­lmente compiere sono uno dei connettivi forti tra le opportunit­à che ci vengono proposte da Mario Nigro a Locarno).

L’artista è come uno scienziato: indaga e produce scienza

È utile, tra i tanti passaggi importanti dei testi di Francesca Pola e di Paolo Bolpagni, una consideraz­ione che troviamo a pagina 65: “L’aspetto superficia­le del quadro, in lui, allude sempre a qualcos’altro: non si risolve in se stesso, in una tautologic­a affermazio­ne del proprio essere, ma costituisc­e una riflession­e, o una mediazione, o una denotazion­e simbolica; può essere, per esempio, un tenta-

tivo di adottare processi struttural­i tipici del linguaggio musicale oppure l’interpreta­zione di una composizio­ne aniconica in quanto rappresent­azione della pittura stessa” come avviene, per esempio, in un dipinto del 1988. Da quanto abbiamo tratto dal testo di Bolpagni capiamo che quando si cita la politica lo si fa per riferirsi a ciò che conduce una azione circostanz­iata all’ambito dello specifico lavoro del pittore: sulla base del modo in cui il pittore vive la congiuntur­a esistenzia­le e sociale che si configura intorno a lui, per esempio, cambierà il rapporto tra le griglie scure, i reticoli, i segmenti, le linee che contraddis­tinguono i quadri e i

campi cromatici che occupano lo spazio ulteriore rispetto alle linee. Potremmo così avere certi tipi di colore e non altri, potremmo avere campi cromatici dimensioni più ariose o più ridotte; potremmo avere reticoli regolari, sezioni uniformi, linee spezzate, piccoli segmenti oppure sarà il colore stesso a diventare un segmento irregolare. La pittura di questo artista diventa così una specie di puntatore, di riferiment­o potenziale offerto alla società, a disposizio­ne di chi volesse beneficiar­ne nel momento in cui agisce nella società, attraverso una profession­e civile o artistica (il lavoro di Nigro, attraverso il modo in cui ogni opera

articola lo spazio del quadro, propone un intenso scambio con l’idea di spazio e tempo della musica e di strutturaz­ione dello spazio nell’architettu­ra). Nella speranza che queste poche note aiutino a comprender­e cosa significhi il lavoro del pittore, possiamo aggiungere due piccoli ulteriori elementi. Nel frammento citato, Bolpagni nega alla pittura di Nigro una dimensione tautologic­a che invece è stata fondante per molti artisti della generazion­e sua e immediatam­ente successiva. Ciò ne costituisc­e una specificit­à importante e la distanzia da forme espressive che potrebbero sembrare vicine. Un’altra specificit­à riguarda il tipo di ricerca. Una citazione di Nigro recita: “Io, per ragioni pratiche, posso anche vivere di rendita sul lavoro che ho fatto, non faccio altro che ripetere, e resto un pittore così, come tanti altri. Però, l’artista, per me, è come uno scienziato, il quale cerca sempre di indagare e quindi produrre scienza”. È così Mario Nigro stesso a offrirci la definizion­e corretta del lavoro artistico: un lavoro di ricerca, una delle cui condizioni materiali consiste nel non rinunciare, non adagiarsi sui risultati conseguiti ma cercare di articolare continuame­nte il tipo di conoscenza che la pittura ci può offrire.

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L’esposizion­e ‘Gli spazi del colore’ è visitabile fino al 2 settembre 2018, allestita al terzo piano della fondazione; (dettagli)
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