À la canadienne
Nel Québec c’è un posto a vocazione turistica che fa fatica ad attirare i turisti internazionali: la penisola della Gaspésie. Lontana dai centri più visitati come Montréal o Québec City, è una regione poco popolata, ricoperta da fitti boschi di conifere e ricca di corsi d’acqua, flora e fauna, dove nel ’600 e ’700 i primi coloni insediatisi pescavano salmoni e andavano a caccia di pellicce. Oggigiorno lo stile di vita è quello statunitense, con grandi strade solcate da pick-up e caravan, hamburger, patatine, catene di negozi, centri urbani sparpagliati e una generale ignoranza di tutto ciò che non è americano.
I residenti locali, sempre disponibili e incuriositi quando incontrano europei, parlano una variante di francese québecuois talmente stretta che sentendo parlare italiano non solo ne rimangono af- fascinati, ma paradossalmente possono scambiarlo per francese europeo. È infatti un mondo a sé, la verde e selvaggia Gaspésie. Potendo contare su poche risorse, vive soprattutto dell’economia delle sue foreste (minacciata dal protezionismo di Trump) e dei suoi parchi naturali, che però risultano lontani gli uni dagli altri, con lunghi tratti anche monotoni da percorrere in auto. Per questo motivo il governo vuole favorire gli arrivi in aereo, rimborsando una parte del biglietto, mentre preferisce ignorare le potenzialità della rete ferroviaria già esi- stente, purtroppo in disuso da anni. Dietro l’immagine da paradiso naturale vi è poca considerazione per le questioni ecologiche, a partire per esempio dal riciclaggio: plastica, vetro e carta vengono gettati negli stessi contenitori. Impossibile che avvenga poi una vera suddivisione. Una minaccia ben più grave incombe però sulla Gaspésie: i piani di varie compagnie petrolifere di estrarre greggio di scisto e metano tramite fratturazione idraulica, tecnica molto invasiva e inquinante. Sostenute dai politici locali e an- che dal governo federale di Trudeau, le compagnie puntano sull’esportazione del metano in Europa, dove i prezzi sono più alti, promettendo al contempo grandi rendimenti e molti posti di lavoro. Di altro parere è un piccolo gruppo – con però un grande seguito – di attivisti che vivono in mezzo ai boschi vicino a Gaspé e che attirano i visitatori nel loro Camp de la rivière tramite cartelli piazzati ai bordi della strada. Secondo loro l’estrazione del metano farebbe aumentare l’effetto serra, con un impatto sul clima molto superiore al CO2, mentre il petro- lio creerebbe solo 25 posti di lavoro e una scarsissima produzione, limitata a 400’000 barili in 35 anni, l’equivalente di una giornata di consumo per tutto il Québec. A Gaspé i politici locali sono però convinti dei profitti e buona parte della popolazione, afflitta dalla disoccupazione, ha deciso di seguirli. Non si sa dunque davvero cosa augurare alla remota Gaspésie: di sicuro un maggior numero di turisti, per non dipendere dalle trivellazioni, appaiato però da una saggia amministrazione che non ne snaturi la bellezza originaria.