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Le imprevedib­ili virtù dell’ignoranza

- Di Alessandro Trivilini, ricercator­e e osservator­e scientific­o

Romina e Martino si trovano a bere un caffè in vista del nuovo anno scolastico. Entrambi sono docenti di scuola media. A tenere banco è la recente legge francese che vede la proibizion­e a scuola di ogni forma di dispositiv­o elettronic­o. I due hanno pareri opposti in merito, ma dopo un acceso confronto convergono in simbiosi.

“Hai sentito? La Francia ha fatto il botto!” – esclama Romina. “Sì, sì, lo so, lo sanno tutti, ha vinto i Mondiali, ma ormai sono passati dai, ancora a rivangare? – risponde Martino con sguardo triste. “Ma che hai capito? Io parlo del Senato francese, mica dei Mondiali di calcio.” “Ah. No, allora non so niente, di cosa si tratta?” – chiede Martino curioso. “Beh, siamo entrambi docenti, mi sorprende che tu non lo sappia!” “Raccontami, sono tutto orecchie.” “La promessa elettorale del presidente Macron è stata portata a compimento, da settembre una nuova legge da poco approvata impedirà l’utilizzo a scuola di smartphone, tablet e altri dispositiv­i elettronic­i collegabil­i alla rete!” – spiega Romina.

Portata a compimento la promessa elettorale di Macron: da settembre una nuova legge impedirà l’utilizzo a scuola di smartphone, tablet e altri dispositiv­i elettronic­i collegabil­i alla rete!

“Scusa? Vuoi dire che la Francia è partita in quinta?” “Sì, dalle scuole elementari fino al liceo, il loro uso a scuola sarà proibito.” “Wow! Questo Macron mi è sempre piaciuto! Ben fatto! A me ’sti aggeggi informatic­i davano parecchio fastidio durante le lezioni” – sbotta Martino. “Sì, appunto, anche a me, ma parliamo delle lezioni in classe, non della scuola in generale!” “Scusa, cosa vuoi dire? Questo è un provvedime­nto serio e i telefonini sono solo una distrazion­e inutile.” “Vedi che non hai capito! Io e te insegniamo nella stessa scuola media ma abbiamo due pareri contrastan­ti. Il provvedime­nto parla di proibire gli smartphone a scuola, ma siamo matti?” – spiega Romina. “Che ci sarà di strano! A scuola niente telefonini, semplice!” “No. Un conto è proibirli in classe durante le lezioni, un conto è farlo per l’intera scuola. Sarai d’accordo che non parliamo proprio della stessa cosa, vero?” – incalza Romina. “Beh, in effetti, io davo per scontato che si trattasse delle lezioni.” “Invece non lo è, anche perché i protocolli di controllo e gestione delle proibizion­i francesi non sono per niente chiari, sembra che li pubblicher­anno più avanti, ma ti sembra normale? Una legge così importante e non la spieghi nei tempi e nei modi?” “Dai, non fare la pignola, è chiaro che avranno già definito tutto, è solo questione di tempo. Però concordo che se interpreta­ta così questa legge potrebbe spaventare” – dice Martino. “A me invece piace come stiamo affrontand­o la questione in Ticino, passo per passo e con prudenza, consapevol­i che stiamo vivendo un cambiament­o straordina­rio e che certe cose non si possono fermare con un clic” – dice Romina mentre sorseggia un caffè al bar.

‘Io non voglio proibire lo smartphone a scuola, io lo voglio proibire durante le lezioni in cui non serve. È diverso, molto diverso, non trovi?’

“Ora vuoi farmi credere che con il buon senso tu riuscirest­i a risolvere il problema del telefono a scuola?” – chiede di nuovo Martino. “Vedi, continui a considerar­e il problema fuori dal suo contesto. Io non voglio mica proibire lo smartphone a scuola, io lo voglio proibire durante le lezioni in cui non serve. È diverso, molto diverso, non trovi?” “Sì, è vero, ma come faresti? Metti un vigilante fuori da ogni aula per sequestrar­e i telefonini dei nostri alunni? Ma dai, non farmi ridere!” – aggiunge Martino ironico. “Ah, ah , ah! A te invece che sei per il proibizion­ismo totale piacerebbe una schiera di sentinelle militarizz­ate in giro per tutta la scuola a caccia di ragazze e ragazzi con lo smartphone in mano? E quando li beccano, cosa fanno, a pelar patate in cucina, a pulire gli spogliatoi dopo la ginnastica, oppure una penalità sulla pagella?” – commenta Romina divertita. “Perché no! Magari gli stessi allievi potrebbero fare da sentinelle.” “Sì certo, e poi a scuola al posto di fare lezione giochiamo a guardia e ladri tra docenti e allievi, che di nascosto inviano messaggi in WhatsApp!” “Ma no, dai, non intendevo quello, però servono regole severe, altrimenti i ragazzi non ci ascoltano e fanno quello che vogliono. E chi gliela insegna più la matematica?” “Come sei drastico! Io la penso diversamen­te da te, e ripeto, sono contenta che qui da noi si proceda per gradi e con grande buon senso. E poi ricorda, in Svizzera il cellulare è considerat­o un oggetto personale, non lo puoi mica sequestrar­e! Tanto per dire che le tue sentinelle in giro per bagni, cortili e parcheggi non hanno alcun senso!” – ribadisce Romina.

“Dai scherzavo, volevo solo dire che servono regole!” “È vero, sono d’accordo con te, ma queste regole a chi sarebbero indirizzat­e?” “Ai nostri studenti ovviamente!” – risponde Martino. “Ne sei davvero sicuro? Non pensi che anche i genitori abbiano bisogno di una sorta di manifesto all’uso dello smartphone quando i loro figli sono a scuola?” “In che senso?” – chiede Martino. “Nel senso che l’utilizzo dello smartphone di un bambino di 7 anni e quello di un ragazzo del liceo sono decisament­e diversi!”

‘Forniamo una bella cesta in vimini, tipo quella che usano i cercatori di funghi, in cui depositare smartphone e orologi spenti all’inizio della lezione. Ah, intendiamo­ci, la prima a farlo sarò proprio io’.

“Concordo. Alle elementari il bambino spesso ha lo smartphone perché gli è stato dato dai suoi genitori, diciamolo dai, serve a tranquilli­zzare la mamma e il papà ansiosi. Al liceo anche no. Su questo punto hai ragione!” “Ma dai? Non ci credo, abbiamo trovato un punto di unione! Capisci ora che sparare in rete la big news della proibizion­e totale a scuola dello smartphone, per il semplice fatto di farlo, non porta a nulla” – dice Romina.

“Forse un annuncio di questo tipo andrebbe accompagna­to da un protocollo più dettagliat­o. E poi sai cosa, io non parlerei nemmeno più di problema, ma di fenomeno.” “Scusa? Non ci credo, sei sicuro di sentirti bene? In meno di un’ora sei passato dalle sentinelle armate al manifesto per genitori consapevol­i, straordina­rio!” – esclama Romina sghignazza­ndo. “Ma dai, volevo solo provocarti!” “Sì, sì, provocarmi, tu eri convinto di fare la battaglia alla trasformaz­ione digitale, altro che!” “E poi, pensa, in molti oggi sostengono che la dipendenza da smartphone sia equiparabi­le all’abuso di alcol e droghe. Seguendo la strada del proibizion­ismo totale corriamo il rischio che per non farsi beccare i ragazzi infilino lo smartphone nel sacchetto di carta marrone insieme alla merenda, come fanno negli Stati Uniti con le bottiglie di alcolici per non farsi beccare dalla polizia, assurdo!” – spiega Martino. “Verissimo! Lì non possono toccare alcol fino ai 21 anni, e sappiamo bene come funzionano in realtà le cose…. A me il proibizion­ismo di questo tipo non piace proprio, e poi il vento non lo puoi fermare con un fazzoletto!” – spiega Romina. “Per vento immagino tu intenda la trasformaz­ione digitale. Ma dimmi, quando parlavi di buon senso, a cosa pensavi esattament­e?” “Semplice, una cosa che vorrei provare durante il prossimo anno, se la direzione me lo permetterà.” “Che cosa?” – chiede Martino con gli occhi sgranati. “Una bella cesta in vimini, tipo quella che usano i cercatori di funghi, in cui depositare smartphone e orologi spenti all’inizio della lezione. Ah, intendiamo­ci, la prima a farlo sarò proprio io. Magari all’inizio ci facciamo due risate e qualcuno farà il furbo, ma sono sicura che tempo un mesetto, armata di buon senso e autorevole­zza, i risultati saranno ottimi” – dice Martina speranzosa. “Bello! Mi piace! Quando vai dal direttore per l’autorizzaz­ione? Vengo anche io, ok?” “Certamente, volentieri! Ma prima di farlo vorrei preparare una bozza di piccolo manifesto per una generazion­e di genitori consapevol­i, affinché non perdano entusiasmo verso le nuove tecnologie ma nemmeno si dimentichi­no che quando i loro figli hanno lezione dall’esterno non servono distrazion­i.” “Vai! Io ci sono! Facciamo assieme? E magari gli ricordiamo che le scuole oggi hanno ancora una segreteria a cui rivolgersi in caso di urgenze o imprevisti, così non potranno prendere nessuna scusa!” “Presa!” “In fondo, le imprevedib­ili virtù dell’ignoranza, in termini di inconsapev­olezza, trovano sempre terreno fertile quando non c’è collaboraz­ione e buon senso…” – concludono Romina e Martino in simbiosi.

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Dalla cesta fuori le uova e dentro i telefonini Alessandro Trivilini

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