Non piace la proposta Artisa per salvare il Casinò: gli ex dipendenti non si vedono col camice bianco
L’idea di svuotare la ‘cattedrale laica’ di Mario Botta da tavoli verdi e slot machine per riempirla di sale operatorie, studi medici e letti per anziani benestanti, è considerata bizzarra dai 500 ex lavoratori del Casinò. I croupier, che insieme ai colleghi e alla popolazione dell’enclave continuano il presidio davanti al Municipio, non riescono a vedersi con il camice bianco. Quella di trasformare la struttura in una clinica di alta specializzazione, in appartamenti per la terza e quarta età medicalizzati e residenziali e in un museo d’arte internazionale (e c’è già chi parla di ‘Guggenheim campionese’) è un’idea lanciata da Artisa Group, la quale si è detta pronta a investire 100 milioni di franchi. Non è dato conoscere però le tempistiche, sicuramente qualche anno. E nel frattempo, che ne sarà dei 500 ex dipendenti del Casinò e degli 86 comunali in esubero? Anni senza stipendio (che già non ricevono dallo scorso febbraio). Il perdurare dell’attuale situazione significherebbe svuotare l’enclave, tendenza in atto da anni. La strada maestra da seguire è solo una, senza nessuna alternativa: la riapertura del Casinò il più presto possibile. Una via irta di ostacoli (li sta incontrando anche la ‘Cooperativa lavoratori Casinò’ che punta ad una gestione temporanea della casa da gioco).. L’ostacolo più impegnativo è senza dubbio il superamento della ‘Legge Madia’ che per 5 anni non consente al Comune di gestire il Casinò di cui era unico proprietario. Un passaggio obbligato che solo la politica può fare. M.M.