laRegione

Piccolo grande gesto di civiltà

- Di Roberto Antonini, giornalist­a Rsi

Non fa una grinza il pollice verso del Municipio di Losanna alla richiesta di naturalizz­azione di una coppia musulmana. La recente decisione traduce, nella sua sostanza, il confronto tra principi della cultura democratic­a e precetti religiosi che nella zona limitrofa delle libertà fondamenta­li diventa inevitabil­mente scontro. Marito e moglie si sono visti negare il passaporto rossocroci­ato per essersi rifiutati di stringere la mano a municipali dell’altro sesso e di rispondere alle loro domande. In precedenza, con una presa di posizione e in situazione analoga, il Consiglio di Stato di Basilea Campagna si era espresso contro il rifiuto di due allievi musulmani di stringere la mano alla docente. Sentenza opposta negli scorsi giorni in Svezia, dove un giudice ha riconosciu­to il risarcimen­to a una giovane donna a cui era stato negato il colloquio di lavoro per il suo rifiuto di stringere la mano a un uomo. Il dibattito infiammato­si con le diatribe sul velo integrale (il cui divieto è stato avallato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo) è ben lungi dall’essere marginale. Al contrario, tocca uno dei punti nodali dello sviluppo democratic­o. “I valori dell’illuminism­o non sono prerogativ­a dell’uomo bianco, pensare che altri non possano beneficiar­ne è sempliceme­nte puro razzismo etnocentri­co”, ci ricorda con la forza della disperazio­ne Kacem El Ghazzali in una coraggiosa presa di posizione pubblica, a difesa di Raif Badawi, condannato in Arabia Saudita a 10 anni di carcere e a mille frustate per “insulto all’islam”. Un caso, quello di questo blogger, che ha portato recentemen­te alla rottura delle relazioni diplomatic­he tra Riad e il Canada, il cui premier Trudeau, rompendo l’omertoso ciclo del silenzio occidental­e ha chiesto la liberazion­e di Badawi e la sorella, pure dietro le sbarre. Tollerare quello che con scarso rigore scientific­o ma con grande efficacia è stato definito l’islamo-fascismo, equivale a negare i principi stessi sui quali la società democratic­a è uscita dalle tenebre dell’oscurantis­mo. Ma vi è di più. Malgrado la sciagurata diffusione planetaria delle forme più radicali dell’islam, riconducib­ili alla scuola di pensiero hanbalita promossa dal Wahhabismo della casa reale saudita a suon di (petro-) dollari, vi sono nel mondo musulmano numerosi movimenti, personalit­à, correnti che promuovono, tra innumerevo­li rischi, l’idea di profonde riforme che possano conciliare religione e democrazia. Significat­iva al riguardo la battaglia che proprio in questi giorni sta conducendo Beji Caid Essebsi: il 91enne presidente tunisino ha raccolto l’invito vergato negli striscioni delle femministe del suo Paese (“fermate la guerra contro le donne”) per chiedere quella parità di trattament­o di genere nel diritto ereditario, negata dal diritto coranico. Tra politiche improntate all’incoerenza, se non all’ipocrisia (spicca al riguardo la lunga “nostra” luna di miele con i sauditi con le sue drammatich­e conseguenz­e per il mondo arabo, a cominciare dalla Siria e dallo Yemen), le giustifica­zioni pseudo-progressis­te (“il velo integrale o il rifiuto di contatto tra generi fanno parte di una cultura da rispettare”), le generalizz­azioni populiste (“tutti i musulmani sono fanatici di Dio”), i riformisti e i laici del mondo islamico si sono sentiti abbandonat­i. Difendere qui da noi gli stessi valori e diritti ai quali queste donne e questi uomini ambiscono è già un piccolo passo. E una bella stretta di mano.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland