L’ultimo ‘grazie’
Almeno 300 persone hanno partecipato, ieri a Gravesano, all’estremo saluto a Pier Felice Barchi
Alla cerimonia presenti molti esponenti del mondo politico ticinese e nazionale, ma anche tanti amici e gente comune
Era gremita la chiesa Ss. Apostoli Pietro e Paolo di Gravesano, ieri pomeriggio, per l’ultimo saluto a Pier Felice Barchi. Dentro e fuori. Sul sagrato, le persone erano disposte – vuoi per ripararsi dal sole, vuoi per dolce simbolo di fratellanza e amicizia – a ferro di cavallo. Ad abbracciare Barchi. E a farlo sono stati in circa 300. Alte cariche dello Stato, comunali e della magistratura, presente anche l’ex consigliere federale Pascal Couchepin, molto legato a Barchi, come gli amici di una vita. Compagni di partito come esponenti socialisti, popolari democratici e democentristi. E tante persone comuni, che hanno mostrato – in fin dei conti – quanto davvero Barchi abbia lasciato il segno. Come tutte le persone piene di interessi e passioni, Barchi era un uomo semplice e disponibile. Questo è stato il ‘trait d’union’ di tutti gli interventi pronunciati da chi ha voluto prendere la parola per salutarlo, raccontare aneddoti, condividere in pubblico ricordi ed emozioni fino a quel momento intimi e privati. Come quelli di uno dei figli che, teneramente, ha ricordato come da piccolo «rimanessi alzato, e dal piano di sopra osservassi tu e la mamma che guardavate i film della sera alla televisione». Il suo film preferito era “Piccolo grande uomo”, un western che, ricorda sempre il figlio, «denunciava i limiti e le ingiustizie della nascente società americana, e sottolineava allo stesso tempo l’importanza della vita in comunità. Si concludeva con il vecchio capo tribù che, consapevole fosse arrivata la sua ora, saliva in cima a un colle per lasciarsi morire. Mi piace ricordarti così, come un premuroso capo tribù sempre amorevole nei nostri confronti». Sono i piccoli gesti che rendono grandi gli uomini, si dice. E sono i comportamenti non eclatanti quelli che spesso si stampano nella memoria. Come il fatto – ricordato dall’avvocato Fabio Nicoli – che con chi negli anni sia approdato a lavorare nel suo studio legale non ci sia mai stato bisogno di firmare un contratto, perché era sufficiente una stretta di mano. O che, senza interferire mai, sia sempre stato a disposizione di tutti per cercare di affrontare nel migliore dei modi problemi e questioni. Che potevano riguardare qualsiasi ambito, dal piccolo Comune alla candidatura di Ignazio Cassis per il Consiglio federale. «Era un uomo fermo, e fermamente quando stavamo preparando la campagna per Cassis – ricorda infatti Bixio Caprara, presidente di un Partito liberale radicale ieri presente in massa – mi ha consigliato di trasferirmi a Berna le settimane che precedevano il voto delle Camere federali». Ma come è stato ricordato da chi lo conosceva bene, Pier Felice Barchi non era
solo un ‘politico’. E quindi non solo attraverso la politica ieri è stato fatto il ritratto di un uomo poliedrico, pieno di passioni e, soprattutto, gentile. Ed è nelle parole di don Massimo Braguglia, parroco di Bedano, Gravesano e Manno, che si è percepito il lascito di Barchi. Parole inviate da Lourdes, dove è in pellegrinaggio spirituale. «Mai una volta è venuto meno il sorriso sulle tue labbra quando venivo a trovarti per darti l’eucarestia – ha detto don Massimo –. Così pure è stata una lezione il modo in cui hai affrontato la malattia, mai una volta ho sentito parole di ribellione sulle tue labbra e visto sul tuo volto espressioni di insofferenza. Hai accettato con serenità e tanta pazienza tutto quello che la quotidianità presentava. Non è facile, soprattutto perché fino all’ultimo sei stato molto lucido». Fino a quell’ultimo ‘grazie’, «ennesima prova della tua signorilità, detto alla signora che si prendeva cura di te prima di esalare il tuo ultimo respiro».