Tra capitale e rendita
Un terzo degli assicurati preferisce una liquidazione dell’avere di vecchiaia Stando a uno studio del Credit Suisse, la scelta è favorita, oltre che dalla situazione personale, anche dalla pressione fiscale cantonale
I quasi pensionati si trovano spesso a dover decidere se prelevare l’avere di vecchiaia in una liquidazione in capitale o in rendita. Poiché in futuro le aliquote di conversione potrebbero ancora diminuire, secondo uno studio di Credit Suisse, il capitale integrale diventa più attrattivo. Se ciò è davvero vantaggioso dipende però dal cantone di residenza. Per far fronte ai tassi bassi e a un progressivo invecchiamento demografico, le casse pensioni hanno ridotto le aliquote di conversione nella parte non obbligatoria della previdenza professionale (quella oltre i 126’900 franchi, per intenderci). Vale dunque ancora più la pena affrontare la questione del tipo di liquidazione. Gli esperti giungono alla conclusione, che la decisione tra capitale e rendita può avere effetti rilevanti sul reddito disponibile durante la vecchiaia. Secondo i calcoli di Credit Suisse, a seconda del luogo di residenza è possibile una differenza nel reddito netto annuale fino a quasi 12mila franchi. Una somma che fa la differenza. Tra gli esempi gli economisti citano Neuchâtel, dove l’onere fiscale è piuttosto elevato. Qui optando per una liquidazio-
ne in capitale il reddito netto annuo può risultare superiore già di diverse migliaia di franchi rispetto alla percezione di una rendita. Oltre a questi elementi finanziari occorre però anche considerare la situazione familiare, la successione, la salute e la situazione abitativa. Finora non vi è una chiara tendenza verso una maggiore frequenza delle liquidazioni in capitale. A fronte di un ulteriore abbassamento delle aliquote di conversione secondo gli esperti ciò potrebbe però cambiare. Un altro fattore che spingerebbe a questa evoluzione è la diffusione dei piani di previdenza 1e. Si tratta di una forma di previdenza non obbligatoria per quote di salari superiori a 126’900 franchi, che prevede di norma una liquidazione in capitale. Per Credit Suisse, i piani 1e hanno dunque conseguenze sul sistema di previdenza. Attraverso questi schemi previdenziali che riguardano una quota esigua di salariati rispetto alla maggioranza, gli assicurati hanno la possibilità di scegliere la propria strategia d’investimento e non devono mettere in conto alcuna redistribuzione tra assicurati attivi e beneficiari di rendita. Il rischio d’investimento è però in capo agli assicurati stessi. Non è quindi una forma di risparmio proponibile a tutte le tasche. Anche i cambiamenti sociali, come la crescente diffusione dell’occupazione a tempo parziale e di altre forme di lavoro flessibili come i contratti di lavoro a tempo determinato e le attività freelance, mettono a dura prova il sistema previdenziale. Per gli interessati queste situazioni possono tradursi in lacune previdenziali, dovute al fatto che i salari sotto la soglia d’ingresso di 21’150 franchi non sono assicurati nella previdenza professionale obbligatoria e inoltre la trattenuta di coordinamento riduce lo stipendio assicurato. L’analisi dimostra che, qualora l’ingresso nel mondo del lavoro si sposti in avanti di sei anni, ad esempio per via di una formazione universitaria o per la maternità, il patrimonio di vecchiaia al momento del pensionamento nella fascia di reddito analizzata tra i 50mila e i 200mila franchi risulta inferiore dell’8-10% circa.