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‘Pericolosi per la collettivi­tà’

La Corte delle Assise criminali ha stabilito che nel caveau della ditta i soldi c’erano. Riconosciu­ti due tentativi ma non l’aggravante del mestiere.

- Di Prisca Colombini

«I soldi c’erano: gli imputati sapevano che quello sarebbe stato il colpo della vita». Il giudice Amos Pagnamenta, presidente della Corte delle Assise criminali di Mendrisio, non ha avuto dubbi e ha emesso cinque sentenze di condanna nei confronti dei pugliesi, di età compresa tra i 28 e i 53 anni, a processo da lunedì per il tentato furto sventato nella notte tra il 25 e il 26 febbraio alla Loomis di Chiasso. Gli imputati sono stati condannati a pene detentive comprese tra i 2 anni e 6 mesi (questa, inflitta all’uomo che non ha mai partecipat­o ai sopralluog­hi e per il quale è stato riconosciu­to «un ruolo più marginale», è la sola parzialmen­te sospesa) e i 3 anni e 6 mesi. Tutti e cinque sono stati espulsi dalla Svizzera per dieci anni. L’accusa, rappresent­ata dalla procuratri­ce pubblica Chiara Borelli, aveva formulato richieste di pena comprese tra i 2 anni e 5 mesi e i 3 anni e 8 mesi. La colpa degli imputati è stata definita oggettivam­ente e soggettiva­mente grave. «Il loro obiettivo era plurimilio­nario – ha continuato il giudice –. Mentono sulle loro fantastich­erie legate al guadagno: si aspettavan­o una refurtiva milionaria». Questo perché «la talpa c’era, eccome», ed è stata l’ex guardia giurata che durante una fiera di Taranto ha confidato a due di loro «il valore di un camion». Questa confidenza ha dato avvio a una «preoccupan­te propension­e a delinquere e a una spregiudic­atezza dell’azione che li ha portati a investire tempo e risorse con personaggi in grado di fornire loro strumenti necessari, appoggio e a varcare il confine con tutto il materiale necessario». Nel caveau della ditta di Chiasso, come detto in apertura, «i soldi c’erano» e si trattava di decine di milioni in più valute. Pagnamenta ha così respinto la tesi sostenuta da alcuni avvocati difensori (vedi a lato) che durante le loro arringhe hanno spiegato come il caveau, al momento del tentato furto, fosse stato svuotato dalla stessa ditta, avvertita dalla polizia dell’operazione in atto. Quella degli avvocati, ha sottolinea­to il giudice, «è stata una lettura parziale.

Sostenere che “parte del contenuto è stato trasferito” non significa che la somma non era presente: se la ditta non fosse stata avvertita, i valori sarebbero stati ben superiori». E un trasferime­nto completo «avrebbe significat­o la chiusura dell’attività in Ticino», ha motivato ancora il presidente.

Due tentativi semplici

Quella che sarà ricordata dalla cronaca come la ‘banda del buco’, era già pronta a entrare in azione lo scorso mese di dicembre. Dopo le ammissioni arrivate durante l’inchiesta, in aula il quintetto ha sostenuto che anche quella sera si era trattato di un sopralluog­o. «Una ritrattazi­one

non credibile – ha continuato Pagnamenta –. Un tentativo, derivato da collusione, di migliorare la loro situazione processual­e». Quella sera a disturbare la loro azione è stato l’allarme. Per la Corte, quindi, «i tentativi, anche se la realizzazi­one era piuttosto lontana, sono stati due. Non fossero stati fermati prima del loro rientro in Italia, verosimilm­ente ce ne sarebbe stato un terzo». Si è trattato di due tentativi semplici: giurisprud­enza precedente alla mano, la Corte non ha potuto applicare l’aggravante del mestiere. Quest’ultima, ha spiegato ancora il giudice, viene infatti applicata a chi commette molti furti di lieve entità ma non a chi con un solo colpo tenta di sistemarsi

la vita. Ad aggravare la pena degli imputati è stato il loro agire in un gruppo organizzat­o che li ha resi «un pericolo riconosciu­to per la collettivi­tà», ha concluso il giudice Pagnamenta. Oltre al reato principale, gli imputati sono stati riconosciu­ti colpevoli di danneggiam­ento aggravato (durante un sopralluog­o hanno tagliato un cavo delle fibre ottiche), danneggiam­ento ripetuto (alla Loomis e a una vicina società), danneggiam­ento di lieve entità (nei confronti del Comune di Chiasso, che si è visto deteriorar­e sei lampioni) e violazione di domicilio. Per la ripetuta infrazione alla Legge federale sulle telecomuni­cazioni verrà invece aperto un procedimen­to amministra­tivo.

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TI-PRESS Il giudice Amos Pagnamenta: ‘Gli imputati sapevano che sarebbe stato il colpo della loro vita’

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