Salire all’inferno
Un professore fresco di nomina, una piccola comunità montana, riti satanici nel ben congegnato romanzo di Raul Montanari
La lezione su ‘Ed è subito sera’ di Quasimodo è appena terminata. L’insegnante, mentre gli studenti rumorosamente lasciano l’aula, si avvicina ad un ragazzo dell’ultima fila. Si abbassa fino ad avere la faccia a pochi centimetri dalla sua e gli dice: “Niente male. Ma sta’ al tuo posto, hai capito? Altrimenti ti faccio passare dei guai”. L’altro ribatte, velenoso: “La prossima volta ti voglio più preciso sulle date, professore”. Vale forse la pena di partire da qui per illustrare il conflitto che animerà le pagine dell’ultimo romanzo di Raul Montanari. Marco Laurenti, dopo anni di precariato, accetta un incarico come professore di materie umanistiche nella pluriclasse di una piccola scuola media privata. Incontra un gruppo di alunni esattamente diviso a metà: nelle prime file, i più giudiziosi; in fondo, i sette più problematici, un piccolo esercito del Male guidato dal carismatico Rudi (protagonista del dialogo cui si è fatto riferimento in entrata), che si ritrova quasi ogni notte per dei riti orgiastico-satanici in una casa abbandonata situata fuori dal paese; momenti in cui tributare sacrifici a Belial, il serpente tentatore della Bibbia, e il ricordo non può che andare al caso delle Bestie di Satana, che ha scosso l’opinione pubblica una ventina di anni fa. Il gruppo sfogherà i suoi brutali istinti di sopraffazione fisica e psicologica in particolare su Cristina, la ragazzina più fragile della classe e che vive solo con la madre. Il microcosmo degli adolescenti, con i suoi codici e i suoi segreti, si riflette su quello degli adulti della comunità montana in cui si svolge la storia, tra i quali spiccano il padre di Rudi, un nazifascista manesco e proprietario della casa in cui si sistema Marco; un taciturno maggiore serbo non si sa fino a che punto coinvolto con gli orrori del conflitto balcanico; il parroco don Carlo, l’unico, con Marco, davvero intenzionato ad arginare la piaga della sordida violenza giovanile. Montanari disegna una geografia fisica e morale modernamente modellata sull’inferno dantesco. Anzitutto, per la presenza di (incarnazioni di) diavoli e violenze. Poi per l’asperità del territorio: il villaggio teatro della vicenda può essere raggiunto solo percorrendo per intero una valle che tende a farsi vieppiù stretta e sul fondo della quale scorre un minaccioso fiume dalle acque scure; un paese chiuso dalle montagne, dal quale si vede l’arrivo di ogni visitatore e che pare riprodotto, in scala minore, dalla disposizione di Rudi e dei suoi adepti, strategicamente protetti dal muro in fondo all’aula. In questo universo si ritrova proiettato Marco, che non a caso decide proprio a trentacinque anni, nel mezzo del cammino della sua vita di pellegrino dell’insegnamento, di accettare di salire in questo inferno ad un centinaio di chilometri da Milano. Non quindi la valle edenica idillicamente opposta al grigiore della città, bensì una provincia brutale e incattivita, isolata ma pericolosamente raggiunta dalla Rete e dalle sue degenerazioni, che avranno un ruolo cruciale nel dramma finale. Montanari radicalizza pertanto le ambientazioni degli ultimi romanzi di Peppe Fiore e di Sandro Campani, anche se il modello di riferimento mi pare vada ricercato nelle cupe atmosfere altoatesine del primo Giacomo Sartori. Marco sceglie di intraprendere questo percorso anche per fare i conti con la propria infanzia e i propri genitori, rievocati attraverso le analessi che contraddistinguono le pagine più belle del libro. Si ritrova infatti in un mondo che ha stravolto alcuni paradigmi educativi, in cui gli adulti sono pericolosamente divenuti complici dei figli (e la scuola e gli insegnanti il nemico comune). Ma soprattutto in un ambiente caratterizzato, come capita in tanta narrativa contemporanea, dall’assenza dei padri, con cui hanno, a livelli diversi, una relazione complessa parecchi protagonisti del romanzo: Marco gli era sottomesso, Rudi ne è difeso ad oltranza, Cristina non sa nemmeno chi sia. Montanari si conferma pertanto abilissimo, attraverso una lingua limpida e scorrevole, nella costruzione di un intreccio ben congegnato che sappia indagare un ambiente e le sue contraddizioni.