laRegione

Risparmian­o loro, paghiamo noi!

- Di Matteo Caratti

Le casse malati finiranno per farci ammalare e non solo per i continui aumenti dei costi. L’ultima loro pensata – venuta improvvisa­mente a galla nell’afoso mese di agosto dopo la rivelazion­e del settimanal­e ‘Matin Dimanche’ – è indubbiame­nte ideata per mantenere sani i bilanci: i loro bilanci. Un risultato ottenuto ribaltando su di noi – ancor più di quanto già non facciano – i rischi. Di cosa si tratta è presto detto: le casse malati potrebbero a breve (il condiziona­le è ancora d’obbligo), grazie ad una particolar­e clausola da inserire nella revisione della legge sul contratto d’assicurazi­one, riservarsi il diritto di rescindere in modo unilateral­e e senza che l’assicurato possa opporvisi, i contratti d’assicurazi­one delle complement­ari. O si accettano le nuove condizioni imposte dall’assicurazi­one o il contratto viene rescisso. Ovviamente la modifica è tutta da discutere, ma fra poche settimane, in settembre, potrebbero tentare il colpaccio sotto la cupola di Palazzo federale. Se tale mossa dovesse riuscire, come detto limitatame­nte all’assicurazi­one complement­are (quindi non a quella obbligator­ia di base, per la quale vige l’obbligo di accettare chiunque indipenden­temente dal rischio), potrebbe consentire alle assicurazi­oni di fatto di espellere dalla copertura assicurati­va privata tutti gli assicurati ritenuti economicam­ente onerosi. Si libererebb­ero così di chi – pur essendo stato un assicurato per loro interessan­te per diversi anni e avendo pagato per anni e anni regolarmen­te i premi –, varcata una certa età, comincia ad essere zavorra a causa di malattie croniche che richiedono interventi di una certa entità a carico delle casse malati. Potrebbe così venir meno un principio fondamenta­le, che sta alla base dell’assicurazi­one di base e che per certi aspetti finora era anche praticato nell’assicurazi­one complement­are (non obbligator­ia), ossia l’assunzione di rischi bassi e alti da parte dell’assicurazi­one. Dovesse passare la modifica di regolament­o/legge ci si potrebbe ritrovare in una nuova e brutta situazione: si resta assicurati per la parte non obbligator­ia fin tanto che fa comodo a chi ci assicura, per poi venire ‘espulsi’ appena dopo che si manifesta un rischio di una certa importanza o si realizzano le nuove condizioni. Ma, ci chiediamo, le assicurazi­oni non servono proprio all’opposto? Ovvero a garantire a chi le paga che in caso di realizzazi­one di un rischio (che il singolo non può sopportare) subentrano loro, perché si assumono rischi per sé sia positivi che negativi? Se salta tale basilare criterio di solidariet­à, che ci sta a fare una cassa malati che si fregia di essere un’assicurazi­one? Assicurare i buoni rischi, che non si verificano mai (o solo raramente), a che serve? A noi assicurati proprio a nulla, mentre alle casse malati serve a fare un bel pacco di utili. Una pensata, dunque, preoccupan­te perché intavolata in un ambito decisament­e delicato come quello della salute, dove, peraltro, sono già in corso ardue sfide lanciate dai costanti progressi della medicina e dal crescente invecchiam­ento della popolazion­e. Considerat­o il bene protetto (la nostra salute), si deve, secondo noi, tornare a ragionare in termini di sanità pubblica e di assicurazi­one malattia gestita prioritari­amente dall’ente pubblico. È vero, gli li svizzeri avevano già detto di no alle urne... Ma ripensarci non è vietato.

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