Responsabilità indivisa
Fumata nera a Bruxelles su sbarchi e nave Diciotti. A bordo 120 migranti in sciopero della fame
Sale la tensione fra Italia e Ue. Di Maio e Salvini rilanciano sullo stop ai contributi. La Commissione: minacce e ricatti non portano da nessuna parte.
Bruxelles/Roma – È scontro totale tra Italia e Unione europea. Casus belli è stata la riunione degli emissari di dodici Paesi, convocati da Bruxelles per trovare soluzioni comuni a lungo termine sugli sbarchi dei migranti e finita con una fumata nera sulla ridistribuzione delle persone bloccate a bordo di nave Diciotti, mettendo a nudo un’Italia sempre più isolata. A bordo della nave, intanto, la situazione si fa sempre più difficile. Dopo il quarto giorno di permanenza nel porto di Catania sull’imbarcazione, ieri gran parte dei 150 migranti ha intrapreso uno sciopero della fame. «L’Europa non è riuscita a battere un colpo in direzione dei principi di solidarietà e di responsabilità che pure vengono costantemente declamati quali valori fondamentali. Ne trarremo le conseguenze», ha attaccato il premier Giuseppe Conte, puntando il dito contro «l’ipocrisia» dei partner, mentre dal Viminale l’esito dell’incontro veniva bollato come «l’ennesima dimostrazione che l’Europa non esiste». «Un ente astratto», l’ha liquidata il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Anche Luigi Di Maio è intervenuto su Twitter: “A questo punto l’Italia deve prendersi in maniera unilaterale una riparazione. Non abbiamo più intenzione di farci mettere i piedi in testa. Siamo pronti a tagliare i fondi che diamo all’Ue. Vogliono 20 miliardi dei cittadini italiani? Dimostrino di meritarseli”. Poche ore prima la Commissione europea aveva risposto seccamente all’ultimatum sul taglio dei fondi lanciato già giovedì dal vicepremier pentastellato: “C’è un chiaro obbligo legale a pagare il contributo al budget dell’Unione. Le minacce in Europa non portano da nessuna parte. Il ricatto è una categoria di nessuna rilevanza quando si tratta di trovare soluzioni”. Ricordando che l’Ue funziona sulla base di “regole, cooperazione e buona volontà”. Non di minacce. Una posizione a cui si è associato anche Enzo Moavero Milanesi. Il ministro-colomba degli Esteri ha chiarito che «pagare i contributi all’Unione europea è un dovere legale. Ci confronteremo su queste e su altre questioni». Il Commissario europeo al Bilancio, il bavarese Gunther Oettinger, dal suo account Twitter ha lanciato l’hashtag #cooperazione-nonminacce. Il tedesco ha messo in guardia: “Se l’Italia si rifiutasse di pagare i suoi contributi al budget Ue sarebbe la prima volta nella storia e comporterebbe interessi per ritardi nei pagamenti. Sarebbe una violazione delle obbligazioni dei trattati che condurrebbe a possibili ulteriori pesanti sanzioni”. Berlino è stata l’unica capitale a spendere parole a favore di Roma, invitando a “non lasciare sola l’Italia”. Silenzio invece da Parigi e Madrid, con il presidente Emmanuel Macron e il premier socialista Pedro Sanchez che non sembrano più disponibili a fare concessioni politiche. E così, al termine della riunione di Bruxelles, nessuna firma su una dichiarazione congiunta che gettava le basi per il lavoro sulla responsabilità condivisa sugli sbarchi e una soluzione per la Diciotti. Dopo la discesa dei 27 minori non accompagnati tre giorni fa, sulla nave ci sono 130 eritrei, 10 migranti delle Isole Comore, sei bengalesi, due siriani, un egiziano ed un somalo. Di questi, sono 120 le persone che da ieri hanno intrapreso lo sciopero della fame; le restanti 30, comprese undici donne, si alimentano regolarmente. Le associazioni del Tavolo Asilo, tra cui Amnesty International e la Comunità di S. Egidio, in una lettera aperta chiedono “con urgenza al Governo italiano di autorizzare lo sbarco”. Proseguono intanto le indagini del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che inizialmente ipotizzava i reati di sequestro di persona e arresto illegale (che però potrebbero essere modificate dagli inquirenti). Oggi il pm sarà a Roma per sentire alcuni funzionari del Viminale. Nei confronti del titolare di quest’ultimo, Matteo Salvini, è scattata anche una denuncia in cui si ipotizza il reato di istigazione all’odio razziale (legge Mancino), aggravata dalla posizione di responsabile di una pubblica funzione. A presentarla sono stati alcuni cittadini alla Procura della Repubblica di Treviso.