Spa fa rima con novità
Durante il mese di pausa tra il Gp d’Ungheria e quello del Belgio, ne sono successe di ogni, in chiave 2019 ma non solo
Ormai da qualche anno in estate ci sono quasi quattro settimane di pausa per il personale della Formula 1, sollecitato con ben 21 Gran Premi in una stagione, senza contare il molto lavoro preventivo. La consegna è che non si può lavorare in alcun modo (nemmeno rispondere alle email) e così le “factory” si svuotano. Questo avviene in genere a cavallo tra luglio e agosto, tra gli appuntamenti in Ungheria e Belgio, diventando così anche il momento in cui arrivano diversi annunci e il Circus subisce qualche assestamento. Già un anno fa proprio da queste colonne Alonso lamentava una noia crescente nei confronti della massima formula, uno schema di punti troppo benevolo, di tecnica esasperata e di sostanziale prevedibilità che lo aveva stancato. Certo la sua permanenza in McLaren a dir poco tempestosa (con l’uscita di Ron Dennis), i tanti battibecchi con Honda e i risultati per ora non pari a quelli auspicati con Renault, devono avere accelerato la decisione. L’asturiano due volte campione del mondo e che, oggettivamente, ha perso due ulteriori Mondiali per una gestione peregrina della Ferrari, ha raccolto meno di quello che il suo talento meritasse. Horner e Massa senza giri di parole lo hanno apertamente accusato di essere uno “sfascia squadre”, un pilota che porta tensioni, malumori e che rende nervosi. Insomma, uno che non si fa voler bene. A Maranello la pensano tutti esattamente così, pur riconoscendone la tecnica cristallina: ancora oggi superarlo in corsa è un’impresa per chiunque, a parità di mezzo. Ma il carattere... che in fondo è ciò che lo ha sempre più allontanato da un mondo che ha molto amato, facendolo ora ripiegare con Toyota nel programma Le Mans e poi Indianapolis. Nel corso delle prossime cinque
settimane correrà cinque volte, alla faccia di chi lo considera un pilota finito o stanco. Dal canto suo Ricciardo passa alla Renault e subito precisa che Verstappen non c’entra nulla, affermando che qualcosa si è rotto con la squadra. Non va nei dettagli, ma tutti sanno dell’amore di Helmut Marko (“team advisor” di Red Bull) per il giovane talento olandese e questo ha rotto gli assetti del team. Il pilota ha quindi giocato la carta del poker: da un lato crede poco alla scelta Red Bull di andare con Honda nella stagione 2019 e dall’altro dà fiducia alla “Régie”, che pensa possa aspirare al titolo 2020 dopo un ulteriore anno di crescita. Una scommessa insomma, ma anche la conferma che il sorridente
australiano è tipo da scelte coraggiose e decise. Molto apprezzabile e meritorio lo stile con il quale ha gestito la comunicazione.
Avvicendamenti da scoprire
Per colmare il vuoto lasciato da Ricciardo, sale da Toro Rosso Gasly, che ha ben figurato sino a questo momento e che diviene così il compagno di un Verstappen che dunque, a poco più di 21 anni, diventerà nel 2019 team leader. Una scommessa importante quella della Red Bull, perché proprio a causa dei nuovi propulsori Honda un pilota esperto avrebbe potuto essere assai utile. Noi crediamo che questo sia un rischio oggettivo,
pronti a essere poi smentiti dai fatti. Il sedile lasciato libero da Alonso viene invece preso da Carlos Sainz. Quest’ultimo dovrebbe riuscire a portare in dote qualche sponsor al team di Woking, che sotto la creativa gestione di Zak Brown – il quale a livello di F1 patisce una lieve inesperienza per essere cortesi – non riesce da troppo tempo a crescere e a riprendere quel ruolo che la sua storia meriterebbe. Per lo spagnolo una decisione obbligata perché in seno al team transalpino la differenza di livello con Hulkenberg si faceva sempre più chiara. Infine, la morte di Sergio Marchionne ha complicato i piani di due team in un solo colpo. Per la
Sauber significa quasi ripartire da zero, perché il legame Vasseur-Marchionne era assai solido e prolifico. Ora manca un referente, che copra al meglio anche la relazione con Maranello. Per esempio lo scambio Raikkonen in Sauber e Leclerc in Ferrari era cosa fatta, mentre ora Arrivabene nicchia e dice di avere altre idee. Ancora, e questo nelle Rosse, c’è un problema aperto di vera leadership. Il presidente stimava l’ingegnere Binotto (direttore tecnico) e lo stava crescendo, ma non c’era gran rapporto con Arrivabene, che ora si trova un amministratore delegato che arriva dalla stessa azienda del tabacco. Gestisce la squadra Vettel, al momento?