DUBCEK : UN COMUNISTA VISIONARIO
Un’illusione di democrazia iniziata nel gennaio 1968 e bruscamente interrotta dai carri armati sovietici durante la notte tra il 20 e il 21 agosto dello stesso anno. Le innovazioni del governo cecoslovacco non erano rivolte a contestare apertamente l’influenza dell’Unione sovietica, ma era lo stesso Partito comunista a incoraggiare il processo di cambiamento dettato dalla difficile situazione economica dell’Est Europa. Il messaggio che giungeva a Mosca purtroppo era differente: ogni riforma democratica che raccoglieva l’interesse e le simpatie del mondo occidentale era letta come una prima breccia che avrebbe poi sgretolato il sistema sovietico. Nonostante la cautela con la quale il governo guidato da Dubcek procedeva verso la liberalizzazione del sistema socialista, il rischio che altri Paesi nel raggio d’influenza sovietica seguissero l’esempio di Praga era troppo alto.
L’azione di forza intrapresa dalle nazioni del Patto di Varsavia (ad esclusione della Romania) spense di colpo l’entusiasmo e la speranza di molti cittadini cecoslovacchi. La volontà di rinnovare in senso progressista il sistema politico si scontrava con la risolutezza dell’ideologia comunista. L’indignazione e la rabbia portarono la popolazione a riversarsi nelle strade della capitale per formare una resistenza passiva che commosse tutto l’Occidente. In poco tempo le immagini delle bandiere cecoslovacche sventolate sul tetto dei cingolati sovietici girarono il mondo diventando il simbolo di una nazione che non voleva morire. Eppure il sentimento d’impotenza e di rassegnazione spinse molti cittadini cecoslovacchi a lasciare il Paese e a cercare rifugio all’estero. La Svizzera si rese attiva nell’accoglienza dei profughi, saranno circa 13’000 le persone ospitate nel nostro Paese.