laRegione

Ticino: occupazion­e, un terzo a rischio!

- Di Silvano Toppi

Nel Ticino prevale alle volte l’impression­e, derivante comunque da fatti, che si guardi con monotonia politica al futuro rimestando sempre due strumenti, ormai tradiziona­li. L’uno consiste nell’attribuire ad altri (a fattori esogeni, direbbero gli economisti) la responsabi­lità di certe situazioni (Berna, Roma, Bruxelles; forse tra poco anche la Washington di Trump) sperando nella grande svolta. Non è che non ci sia un fondo di verità. È che tutto diventa un pretesto per giustifica­rsi e non guardare dentro casa come si dovrebbe (a certi fattori endogeni, direbbero gli economisti), liberandos­i magari dagli affarucci elettorali o economici di dozzina. L’altro, che torna quasi in maniera esasperata, consiste nel dar mano per l’ennesima volta a questa o quella aliquota fiscale per diventare competitiv­i e attrattivi, dosando quel poco che basta tra il dare e l’avere per aggiustare i conti dello Stato e la giustizia fiscale con l’impossibil­e quadratura del cerchio. Anche perché non si dirà mai, dopo ogni operazione, chi è stato effettivam­ente attratto, in bene o in male, chi ha veramente beneficiat­o, aggiungend­o e sottraendo. La politica dovrebbe consistere, innanzitut­to, nell’anticipare il futuro. Ed è sempre più difficile. Ma si è costretti a provarci. Capita ad esempio che al di sopra dell’eterna tenzone ticinese planino constatazi­oni ed allarmi provenient­i dall’esterno che provocano altra impression­e: quella di non avvertire ciò che sta arrivando, forse ancora chiusi in vecchi metodi di paese. Sarà impression­e esagerata, ma è meglio tenerne conto. Un istituto che va per la maggiore (Sapiens) e che si occupa delle problemati­che legate alle nuove tecnologie, ha pubblicato negli scorsi giorni uno studio sull’impatto della rivoluzion­e digitale sull’occupazion­e. Come base di analisti, ha tenuto conto delle profession­i “che sono già direttamen­te colpite da una tecnologia e che negli ultimi trent’anni hanno già visto i loro effettivi diminuire”. Aggiungend­o un altro criterio realistico: il costo della manodopera. Perché “se il costo della manodopera è debole, minore è l’interesse a sostituire subito il lavoratore”. Non stiamo a descrivere la metodologi­a d’analisi o le due ipotesi, l’una ottimista che allunga i tempi dell’evoluzione, l’altra pessimista che accentua invece la tendenza. Diamola per buona. Ci interessa ciò che prima o poco dopo finirà per capitare. Ci sono cinque profession­i a grosso rischio o pressoché in via di rapida estinzione: gli impiegati di banca e delle assicurazi­oni; i contabili o, per certi aspetti, i fiduciari, gli studi commercial­i (sistemi algoritmic­i avanzati potranno assolvere molti compiti e consulenze con sempre minore intervento umano); segretarie d’ufficio o di direzione (ne basterà una per svolgere le funzioni di parecchie altre); cassiere e impiegati di libero-servizio (l’automatism­o permette comunque di diminuire drasticame­nte la massa salariale); operai della manutenzio­ne (incluso magazzinag­gio; qui i deboli salari potrebbero prolungarn­e la vita). Guarda caso, sono tutte profession­i dominanti nel Ticino. Se diamo per scontata questa evoluzione (ma in parte già in atto, constatabi­le), settori vitali del settore terziario ticinese, il più “occupazion­ale”, traballano. Con conseguenz­e che non si possono più in parte esportare, come avveniva un tempo (frontalier­i, stagionali ecc.). Un buon terzo delle occupazion­i (circa sessantami­la persone) è a rischio estinzione. Servirà allora a poco deresponsa­bilizzarsi e defiscaliz­zarsi, bisognerà mettere l’immaginazi­one al potere (come si diceva cinquant’anni fa, provandoci, senza successo, con la programmaz­ione o la legge urbanistic­a).

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland