Populismo ‘di principio’
Alcuni valori determinano la preferenza sovranista molto più delle opinioni sull’economia
Secondo un sondaggio nostalgia, etnocentrismo e diffidenza verso l’Islam decidono il voto. Il pessimismo sulla ‘congiuntura’ pesa meno.
Il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini si allea col premier ungherese, l’ultranazionalista Viktor Orban, per rafforzare il fronte populista a Bruxelles. L’ultradestra di Alternative für Deutschland è il terzo partito in una Germania scossa da episodi di odio razziale. Il partito anti-immigrati svedese (Sverigedemokraterna) potrebbe conquistare oltre il 20% dei voti alle elezioni del 9 settembre. In Austria e Polonia governano formazioni nazionaliste, in Repubblica ceca un social-sovranismo amico di Mosca. Il Front National francese boccheggia, ma le difficoltà del presidente Emmanuel Macron potrebbero ridargli ossigeno. Insomma: lo ‘spirito del tempo’, a meno di un anno dalle prossime Elezioni europee, spinge liberali e socialdemocratici a temere grandi stravolgimenti in Europa. Ma cosa motiva il crescente consenso per queste formazioni, almeno a livello di percezioni condivise? Uno dei fattori che tradizionalmente si riteneva più importante è l’economia: quando non gira – questa la vulgata – ci si attaccherebbe ai partiti populisti. Ma una recente analisi del ‘Pew Research Center’ in 15 paesi (la Svizzera purtroppo ne è esclusa) parrebbe confutare questa teoria. I sondaggi mostrano infatti che l’opinone sulla situazione economica degli elettori populisti si discosta solo relativamente da quella di tutti gli altri. A fare la differenza è semmai un chiaro profilo culturale e ‘valoriale’, contraddistinto da una visione del mondo nostalgica, etnocentrica e ostile all’Islam (vedi infografica). L’elettore delle formazioni sovraniste tende a pensare molto più spesso di tutti gli altri che per essere ‘uno di noi’ si debba essere nati nel paese e si debba discendere da famiglie ‘indigene’. Allo stesso modo, è molto più propenso a ritenere l’Islam incompatibile con la sua cultura, e perfino a pensare che cinquant’anni fa si stava meglio di ora. Insomma: la spaccatura sul populismo non è tanto questione di congiuntura economica, quanto piuttosto ‘di principio’.
L’eccezione italiana
Fa eccezione l’Italia, unico paese fra quelli analizzati nel quale peraltro i populisti governano: lì l’elettorato appare fortemente etnocentrico e scontento dell’economia, a prescindere dalle simpatie politiche. Elevati e omogenei anche lo sciovinismo e la diffidenza per l’Islam. Un quadro che aiuta a spiegare il consenso elevatissimo e apparentemente crescente per i leghisti (e i loro alleati grillini), ma non risponde a una domanda cruciale: in un paese così uniforme, che spazio resta all’opposizione?