‘Il business plan pensato per autosostenersi non è stato messo in pratica’
Conosce bene il business plan il segretario dimissionario Stefano Dell’Orto. Lo ha infatti redatto lui stesso nel 2014 assieme al vicepresidente della fondazione Giovanni Casella, dopo aver analizzato la raccolta di informazioni su progetti simili di successo commissionata al consulente culturale Michael Schindhelm. Ciò che non ha funzionato, secondo Dell’Orto, è stata la messa in pratica. Dal suo racconto emerge che la presidenza della fondazione ha ignorato un tassello fondamentale del business plan: la parte commerciale del progetto che avrebbe dovuto garantire le entrate necessarie per sostenere l’altro filone, quello degli eventi culturali. «Dal mio punto di vista bisogna portare avanti le cose col cuore un po’ freddo e soprattutto con un occhio di riguardo alle finanze – spiega Dell’Orto esprimendosi da noi interpellato sulla gestione del progetto –. Non si può essere creativi quando si tratta di aspetti finanziari di un progetto. E nemmeno spendere più di quanto le possibilità permettano. Non si può sempre dipendere dallo Stato e dagli aiuti pubblici. Il Cantone fa la sua parte quando l’idea ha un senso e i privati che l’hanno avuta sono in grado di tenerla in piedi».
Due entità che dovevano coesistere
Il business plan originale prevedeva come detto un aspetto artistico e uno commerciale che sarebbe servito per tenere in piedi finanziariamente tutta l’operazione. L’idea era quella di ristrutturare una parte dei locali, donati dalla Cima Norma Sa alla Fondazione Fabbrica del cioccolato, per trasformarla in spazi da affittare per vari utilizzi. Tra le ipotesi vi era la formazione di aule per attività formative, loft, atelier per artigiani, spazi per campi estivi, uffici da condividere in coworking ecc. La gestione commerciale di tali ambienti avrebbe garantito alcune entrate nelle casse. Ma questo tipo di gestione non è mai stato applicato dalla presidenza, che ha invece puntato solo su attività artistiche e di marketing che non genererebbero alcun tipo di profitto. Ecco spiegato il motivo per cui i fondi a disposizione si sono in poco tempo erosi. Il progetto prevede anche la ristrutturazione dell’edificio principale, in particolare con il consolidamento della struttura esterna e interventi a tetto e facciate. Ristrutturazione che in totale costerebbe 5,6 milioni di franchi e che il business plan prevede di finanziare grazie al ricavato della vendita di alcune superfici (su modello dei loft già esistenti). Per il momento però si è giunti al punto che nemmeno gli architetti che hanno progettato questi lavori sono stati pagati, perciò si sono dovuti rivolgere all’Ufficio esecuzioni per cercare di ottenere quanto spetta loro. SAM