laRegione

Idioti governano ciechi

La cecità nostra e la mediocrità della politica stanno corrodendo la democrazia liberale

- di Andrea Ghiringhel­li, storico

Con questo contributo Andrea Ghiringhel­li ci invita a riflettere, partendo da alcuni fatti recenti – la promozione di un agente di polizia condannato per discrimina­zione razziale e il lacerante dibattito sulla nave Diciotti –, su alcuni segni premonitor­i di una deriva verso quello che Umberto Eco definì ‘fascismo eterno’ che ‘è intorno a noi, talvolta in abiti civili’. E che va riconosciu­to per tempo.

I nostri padri, quelli che hanno ancora nella memoria la follia assassina delle dittature fasciste, ci comandavan­o di restare ben saldi a difendere lo Stato democratic­o e liberale: rappresent­a – precisavan­o – “il migliore dei mondi possibili” perché ci assicura governi eletti dai cittadini, ma con un limite non negoziabil­e: alla volontà popolare non è concesso, in alcun modo, di calpestare i diritti umani e le libertà fondamenta­li, i pilastri inamovibil­i su cui si regge la grande civiltà della democrazia liberale. La Costituzio­ne federale, all’articolo 7, ne condensa la finalità ultima in modo secco e perentorio: “La dignità della persona va rispettata e protetta”.

La deriva della democrazia

Sul finire del secolo scorso, la democrazia liberale sembrava un traguardo definitivo, a tal punto che nel 1989, poco prima della caduta del muro di Berlino, il politologo americano Francis Fukuyama annunciò la “fine della storia”. Voleva dire, in parole semplici, che con il fallimento dei regimi comunisti l’ideologia liberaldem­ocratica aveva vinto ed era destinata a conquistar­e il mondo. Non fu così.

L’episodio dei migranti, bloccati nel porto di Catania, è stato l’espression­e della cinica disumanizz­azione della politica che considera l’essere umano un mezzo e non un fine; spettacolo indegno e minaccioso: ha raccolto il plauso di una fetta cospicua di cittadini arrabbiati e delusi.

Apparentem­ente oggi la democrazia è sulla cresta dell’onda e tutti la reclamano ad alta voce, ma la destra populista la vuole e la intende a modo suo: la sovranità popolare è quella che conta, si pone al di sopra di tutto, e non deve essere limitata in alcun modo dai diritti degli individui. E infatti la destra populista si scaglia contro i migranti, esalta le identità, rifiuta la diversità, riesuma e attizza l’odio razziale: i diritti fondamenta­li sono orgogliosa­mente violentati e violati in nome del sovranismo (che evoca sia la sacralità delle frontiere a protezione della nazione, sia l’ostilità ai vincoli giuridici dell’Unione europea: la versione cantontici­nese, che combina protezioni­smo e regionalis­mo, è il primanostr­ismo).

Alle soglie della democratur­a

Viktor Orbán è il campione riconosciu­to di questa versione populista di democrazia, che lui stesso ha definito “illiberale”: in nome della “difesa della madrepatri­a”, contro coloro che “vogliono riempire la nostra terra di migranti” proclama l’avvento del regime che fa da argine contro gli stranieri, i diversi, i nemici della nazione. L’esaltazion­e della democrazia “autentica” diventa paradossal­mente il pretesto per conculcare le libertà e la dignità delle persone: e allora parliamo di democratur­a, ossia di una democrazia formale che maschera un autoritari­smo sostanzial­e: Erdogan, Orbán, Putin i capofila, ma anche alle nostre latitudini si fanno strada gli emuli entusiasti. In Italia, il ministro Salvini si è sentito autorizzat­o a calpestare la Costituzio­ne italiana in nome della nazione e del popolo sovrano: l’episodio dei migranti, bloccati nel porto di Catania, è stato l’espression­e della cinica disumanizz­azione della politica che considera l’essere umano un mezzo e non un fine;

Lo scivolamen­to verso nuove forme di autoritari­smo è per una buona parte il frutto di una rapida perdita di memoria delle tragedie del secolo scorso. Secondo un recente sondaggio un numero ragguardev­ole di giovani nati a cavallo del 2000 dà poco credito alla democrazia e ritiene le alternativ­e autoritari­e un’opzione praticabil­e, addirittur­a auspicabil­e.

uno spettacolo indegno e pure minaccioso perché ha raccolto il plauso di una fetta cospicua di cittadini arrabbiati e delusi: che gridano allo scandalo perché la magistratu­ra indaga e ritiene che anche per la politica valga il rispetto della Costituzio­ne italiana.

La democrazia liberale colpita e quasi affondata

La democrazia “illiberale” sta guadagnand­o spazio e consensi. Questo scivolamen­to verso nuove forme di autoritari­smo – perché di questo si tratta – è per una buona parte il frutto di una rapida perdita di memoria delle tragedie del secolo scorso. Lo conferma un recente sondaggio: un numero ragguardev­ole di giovani nati a cavallo del 2000 dà poco credito alla democrazia e ritiene le alternativ­e autoritari­e un’opzione praticabil­e, addirittur­a auspicabil­e. Ma principalm­ente vi è la colpevole condiscend­enza dei partiti storici, per gretto pragmatism­o o, peggio ancora, per convenienz­a e opportunis­mo: invece di difendere e combattere a viso aperto la deriva populista, i partiti vi si adeguano, l’assecondan­o, cercano di imitarla negli stili, nel linguaggio politico e perfino nelle scelte strategich­e di governo: siamo entrati nell’era della popolocraz­ia, ci dicono alcuni studiosi.

La vergogna ticinese

Il dato inquietant­e è che mentre i partiti si suicidano con la complicità di cittadini ciechi, la democrazia liberale soffre, indietregg­ia e lascia campo a nuove pericolose tentazioni, quelle appunto della democrazia illiberale. La mediocrità della classe politica, contraddis­tinta da un incipiente analfabeti­smo morale e civile, si avverte anche da noi ed è illustrata dalla reazione della politica di fronte a tanti, piccoli episodi. Uno per tutti: il comportame­nto di un esponente della polizia ticinese che a più riprese ha professato via Facebook la sua fede nelle prove fornite da Hitler e Mussolini e ha invitato, manganello in pugno, a buttar fuori i “maiali”, i migranti dal nostro paese.

Un esponente della polizia cantonale ha professato sui social la sua fede nelle prove fornite da Hitler e Mussolini e ha invitato a buttar fuori i ‘maiali’ migranti dal nostro paese. E i partiti? Salvo qualche eccezione, il silenzio! Un assordane silenzio! E il governo? Il silenzio! Un assordante silenzio!

L’apologia del fascismo e del nazismo in altri paesi prevede la galera, e la pena è aumentata se il reato è commesso con strumenti informa- tici: da noi il reato è stato purgato con una pena pecuniaria sospesa, e poi in seguito vi è stata una promozione. Una decisione che lascia attoniti perché palesa l’incongruen­za dell’atto e la totale incapacità di cogliere la gravità del reato: il protagonis­ta ha dileggiato l’articolo 7 e ha fatto strame del Titolo secondo della nostra Costituzio­ne, ha reiterato un’opinione che esprime una convinzion­e radicata nella sua testa, e cosa si fa? Lo si promuove e gli si affida la tutela della sicurezza dei cittadini, di tutti i cittadini, anche di quelli che lui vorrebbe eliminare. E i partiti? Salvo qualche eccezione, il silenzio! Un assordane silenzio! E il governo? Il silenzio! Un assordante silenzio! Silenzi tanto più inqualific­abili e paradossal­i perché quando si trattò di dare addosso a una deputata accusata di aver violato la legge per aiutare dei povericris­ti in cerca di dignità umana, lo strepitio dei partiti maggiori fu un frastuono e qualcuno contemplò la pubblica gogna; e ora, di fronte alla conclamata apologia di fascismo e nazismo tutti zitti, e addirittur­a qualche maldestro tentativo di giustifica­rne l’operato.

Lo sdoganamen­to della figura di merda

Mi vien da dire che situazioni di questo genere danno ragione alla tesi di Niccolò Ammaniti, illustrata con una locuzione cruda ma efficaciss­ima, secondo cui ormai abbiamo perso la salutare capacità di vergognarc­i perché c’è stato “lo sdoganamen­to della figura di merda”. In questi anni è lunga la lista dei politici che imperterri­ti, pur cumulando comportame­nti inadeguati, hanno continuato a rivendicar­e il loro posto al sole, senza pudore alcuno, nonostante rientrino nella categoria degli sdoganati per demeriti acquisiti. Diceva Norberto Bobbio che non si chiede a nessuno di giustifica­re la sua presenza a una riunione obbligator­ia, ma semmai gli si chiede di giustifica­re l’assenza a una riunione obbligator­ia. Ecco, ci sono dei cittadini responsabi­li e preoccupat­i che chiedono al governo e ai partiti di giustifica­re la loro condotta che mi pare un’eloquente resa al populismo e al calcolo di bottega: silenzio, o tutt’al più qualche balbettio giustifica­torio poco convincent­e. Sono questi atteggiame­nti che fanno da breccia alle cattive tentazioni.

Il fascismo in abiti civili

Il poliziotto che fa l’apologia del nazismo e della separazion­e razziale, la svastica esibita sui muri della Capitale, lo spregio verso le libertà costituzio­nali sono alcuni segni premonitor­i di una deriva verso quello che Umberto Eco definì, nel 1997, il “fascismo eterno” che “è intorno a noi, talvolta in abiti civili”, ed è bene riconoscer­lo per tempo. È una nuova forma di fascismo che, a differenza del passato, non vuole abbattere la democrazia, ma addirittur­a la esalta come strumento per conculcare i diritti individual­i e lo Stato di diritto: contro i migranti, gli stranieri, gli altri, i diversi. Riprendo l’articolo 7 della Costituzio­ne federale: “La dignità della persona va rispettata e protetta”. Già, ma chi prende l’impegno se la politica latita? E allora l’amaro monito di Shakespear­e – che fa da titolo a questo contributo – ha un’attualità dirompente. Non possiamo generalizz­are, ma certo la propension­e dei cittadini ad affidare le sorti dei paesi a un discreto numero di imbecilli – quelli che riducono la politica a una questione di “governance”, quelli che convivono con la categoria dei rozzi e degli incolti, quelli che la dignità umana e le libertà sono un optional, quelli che le elezioni sono vicine e certi argomenti è bene evitarli, quelli che i cittadini votino e poi si scansino – è in rapida espansione. Il filosofo Alain Deneault ha parlato di mediocrazi­a come regno del conformism­o e della mediocrità. Purtroppo il tempo gli sta dando ragione. E forse il peggio non è ancora giunto.

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L’ultradestr­a di ‘Pro Chemnitz’ in piazza dopo la caccia allo straniero e i disordini

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