I ‘fratelli’ conquistano il Lido
Alla Biennale di Venezia delude l’atteso remake di ‘Suspiria’, limitato e con pessima narrazione Il primo fine settimana della 75esima edizione del festival regala applausi ai registi Oelhoffen e Audiard per i loro film in Concorso
Lungo weekend segnato dai temporali e da un pomeriggio domenicale soleggiato, con la gente che abbandona le sale per correre in spiaggia. Non dimentichiamo che, quando la Mostra nacque, il Lido era uno dei luoghi di vacanza più privilegiati nel mondo dei ricchi, accolti in hotel dal prestigio imperiale com’erano il Des Bains, oggi ridotto a fantasma del suo passato, e l’Excelsior, che prestò i suoi saloni al Sergio Leone di “C’era una volta l’America”. Sugli schermi del Concorso sono passati due film importanti: i francesi “Frères ennemis” di David Oelhoffen, che torna a Venezia dove esordì con un corto nel 2004 e dove fu premiato nel 2014 con “Loin des hommes”, e “The Sisters Brothers” di Jacques Audiard, film che non è entrato a Cannes per la già forte presenza di autori francesi. Sono passati anche due film mediocri e inutili: “Suspiria”, minestrone insipido firmato da Luca Guadagnino sulle smarrite tracce di Dario Argento, e “What You Gonna Do When The World’s On Fire?” di Roberto Minervini, inquietante e imbarazzante sociofilm di cui si comprende la necessità solo in chiave antimigrante. Su altra ideologia s’impegna Mike Leigh con “Peterloo”, un film di grande civiltà ma privo di un’idea cinematografica e narrativa originale.
Fra applausi e delusioni
“Frères ennemis” è un film che ci riporta alla grande stagione polar (concrezione di poliziesco e noir) francese, a Jean-Pierre Melville, con un passo in avanti, dato dalla capacità di sposare il genere con una precisa identità sociale. David Oelhoffen sa ben raccontare e mai si permette di giudicare quello che mostra, anzi con grande dignità riesce a non creare un mondo di buoni e cattivi, di ladri e poliziotti, ma pur raccontando di due fratelli uno trafficante di droga l’altro della polizia antinarcotici (uno straordinario, come sempre, Reda Kateb, forse l’unico attore al mondo ad aver ereditato l’arte di Marcello Mastroianni), non si dimentica di dare peso agli enormi e
anonimi palazzoni delle periferie, al destino segnato dalla mancanza di cultura, dal vendere le proprie tradizioni in nome di un idolo, il denaro, uguale per tutti. Il film ha un buon ritmo narrativo, ben montato e fotografato e gli attori sono tutti credibili nei loro personaggi. Meritati gli applausi. Giusti anche gli applausi a “The Sisters Brothers” di Jacques Audiard, il cammino iniziatico di due fratelli violenti, Charlie (un bravo Joaquin Phoenix) ed Eli Sisters (un sicuro John C. Reilly) in un atipico western che celebra l’amicizia virile e non risparmia lunghe sparatorie e grandi cavalcate. Ben girato
e montato, il film dice dell’avidità degli uomini, del senso di essere fratelli, di un mondo selvaggio. Poco da dire sull’atteso “Suspiria” di Luca Guadagnino, un film che mostra gravi limiti di un regista incapace di raccontare, di una sceneggiatura di pessima fattura, capace di mescolare malamente i tragici giorni dell’autunno tedesco, il problema di chi ha perso i propri cari nei campi di sterminio e lacerti di quel “Suspiria” che quarant’anni fa segnò l’apogeo di Dario Argento. Se ci aggiungiamo il problema della recitazione delle attrici, ci rendiamo conto come questo pseudo racconto di streghe e miti non possa essere che un film sbagliato, inutile e noioso. Lo stesso si può dire di un altro film in Concorso: “What You Gonna Do When The World’s On Fire?” di Roberto Minervini. Qui c’è l’aggravante di una incapacità narrativa perniciosa: il regista infatti, con la nobile intenzione di dirci del problema degli afroamericani del sud degli Stati Uniti, si confonde e offre buone carte a chi contesta i valori umani delle persone dalla pelle scura. Peccato. Su piani più nobili e politicamente corretti si muove “Peterloo” di Mike Leigh, un filmone di 154 minuti pieno di parole più che di cinema. Il regista porta sullo schermo il Massacro di Peterloo, a Manchester nel 1819, uno dei più efferati episodi contro la manodopera delle industrie, i disoccupati e le donne: un richiamo all’indifferenza di oggi, alla mancanza di dignità della classe operaia, di disoccupati e donne, disattenti dal processo peggiorativo del loro stato in nome della messa al bando delle ideologie. Ideologie che sole possono dare una nuova spinta verso un futuro migliore. Peccato per l’effetto sceneggiato tv che segna negativamente un film finalmente civile.