Nuove officine: no ai ricatti!
Chi mi conosce sa che i miei interventi sulla stampa sono quasi sempre incentrati sul mio ambiente di vita, ossia la montagna. Stavolta sarà diverso. Non per “rubare” argomenti a chi vive sul piano, ma la notizia che le Ffs sono fermamente decise a insediare le nuove officine in una zona agricola pregiata vasta ben 90’000 mq ad Arbedo Castione non può lasciare indifferente nessun attore o sostenitore del primario ticinese. Quando ho visto alla tele che la zona scelta sono i vasti prati (zona Sac!) che si vedono dalla strada cantonale salendo verso Claro sono sobbalzato sulla sedia. “Non è possibile. Stavolta dobbiamo sdraiarci tutti di traverso sui binari”, mi sono detto. Anche perché si è saputo, fin da subito, che vi erano altre possibilità di insediamento in zone già industriali. I comuni della Bassa Leventina, ad esempio, avevano offerto ufficialmente lo spazio, già attrezzato, dove un tempo era collocata la mitica Monteforno. Francamente mi attendevo forti reazioni da parte di politici, agricoltori, cittadini comuni... Qualcuno si è mosso (ad esempio la Direttiva dell’Uct), ma non in proporzione al misfatto che le Ffs intendono perpetrare ai danni del primario ticinese. Poi con le dichiarazioni fatte dal direttore delle Ffs ing. Meyer in occasione della sua visita di qualche settimana fa in Ticino, ho capito: “Se il Ticino non decide in fretta di accogliere la nostra proposta e di destinare 120 milioni per quest’opera, noi cercheremo un posto altrove” (...sottinteso oltre Gottardo dove già si volevano trasferire le Officine di Bellinzona con il primo progetto di smantellamento; e se non ci fosse stata la coraggiosa reazione degli operai guidati da Gianni Frizzo, oggi sarebbe così). Questo è un vero ricatto ed io sono sconcertato che il Consiglio di Stato e il Municipio di Bellinzona durante le trattative intercorse per decidere il futuro delle Officine non abbiano avuto il coraggio di opporsi alla proposta formulata dalle Ffs e che ora si presentano ai cittadini ticinesi come l’autorità che condivide e sostiene tale scelta, senza dubbi di sorta e senza nemmeno accennare che si andrà ad occupare un pregiato territorio agricolo. Certamente mi si spiegherà che se non accettiamo il ricatto delle Ffs, il Ticino perderebbe oltre 200 posti di lavoro, con il relativo indotto economico. Ma per un’autorità è eticamente corretto sottomettersi a un ricatto? Ma c’è di più: al di là dei reali gravi problemi personali di coloro che sarebbero toccati dal trasferimento, il Bellinzonese ha davvero assoluto bisogno di questi 200 posti di lavoro per assicurare un futuro dignitoso alla propria popolazione? Se fossero 200 impieghi che verrebbero a crearsi in una valle dove lo spopolamento e la diminuzione dell’occupazione sono il pane quotidiano, si potrebbe anche comprendere un atteggiamento più accomodante da parte delle nostre autorità. Ma in questo caso, no. Dove sono finiti i municipali di Bellinzona e i consiglieri di Stato che marciavano sul viale della stazione in occasione dello sciopero alle Officine accanto agli operai e ai loro familiari e sotto lo striscione ‘Giù le mani dall’Officina’? A questo punto io oso esprimere un’opinione chiara e forte: se il Ticino lo vorrà, la zona agricola ad Arbedo Castione potrà rimanere agricola e le nuove officine potranno essere insediate nella Bassa Leventina o in un’altra zona già industriale del nostro cantone. Per ottenere questo occorre però avere il coraggio di dire no a questo progetto con un voto contrario dei rispettivi legislativi e, se necessario, anche con il coinvolgimento di tutti i cittadini mediante un referendum e la relativa votazione popolare. La storia infatti ci insegna che il voto popolare a volte permette di correggere scelte poco lungimiranti e poco coraggiose fatte dalle autorità costituite. Qualcuno, ad esempio, certamente si ricorderà la campagna antecedente la votazione sulla semiautostrada denominata Variante 95 che avrebbe attraversato la miglior zona orticola del Piano di Magadino: progettisti, funzionari, autorità tutti a dire e a ripetere che quella era l’unica variante possibile. Oggi, dopo quel no popolare, si sta progettando in dettaglio una variante con un impatto ambientale limitatissimo rispetto alla prima proposta e ben più costosa. È vero che a causa di quel rifiuto, un collegamento con l’autostrada che si possa definire tale i Locarnesi hanno dovuto attenderlo altri vent’anni, ma la variante proposta dalle autorità cantonali non era né l’unica possibile né la migliore. Certo occorre avere grande determinazione ad opporsi a una decisione delle Ffs, ma quando un progetto è inaccettabile, poiché contrario a un principio pianificatorio ancorato nella Costituzione federale, e l’alternativa esiste, occorre correre anche qualche rischio.