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SOVRANITÀ ALIMENTARE

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Ogni anno in Svizzera scompaiono centinaia di fattorie di piccole e medie dimensioni. Un’emorragia frutto di “politiche agricole sbagliate”, denuncia l’‘Alleanza per la sovranità alimentare’. La coalizione a sostegno dell’omonima iniziativa chiede ora di riorientar­e quelle politiche, grazie a uno Stato che torni ad avere un ruolo attivo sul mercato. Un ritorno al passato, al sistema ‘protetto’ in vigore fino agli anni 90, basato su sostegno dei prezzi e garanzia di smercio? «Abbiamo lasciato troppo potere al mercato, adesso dobbiamo riprendern­e in mano le redini: serve di nuovo un arbitro. Non si tratta di tornare indietro, ma di cambiare rotta», spiega Sylvie

Bonvin, deputata ecologista al Gran Consiglio friburghes­e, membro del comitato. Pierre-André Page, pure lui friburghes­e, non è persuaso: «Prendiamo l’esempio del latte. Tutti i contadini avevano voluto uscire dal sistema dei contingent­i. Oggi – rileva l’agricoltor­e, consiglier­e nazionale Udc – alcuni sono contenti, altri no. Il problema è che in molte regioni non c’è coesione. Fintanto che i piccoli contadini – tendenzial­mente individual­isti – non si uniscono, saranno i ‘grandi’ ad approfitta­rne, continuand­o a non pagare il giusto prezzo. Ma ripristina­re il sistema di gestione dei volumi in vigore fino a 20, 30 anni fa, che non funzionava, non è la soluzione». Al centro del dibattito, il ruolo dello Stato. I contrari all’iniziativa accusano i promotori di voler “sovietizza­re”, “statalizza­re” l’agricoltur­a. «Il termine ‘Stato’ – risponde Bonvin – fa paura, ma in realtà non è che il rappresent­ante dei cittadini. E noi pensiamo piuttosto a questo: a un movimento di cittadini». Nuances. Sta di fatto che per Uniterre è lo Stato in ultima analisi a dover garantire prezzi equi ai contadini. «La base per avere un prezzo interessan­te per i nostri prodotti – osserva Page – è favorire il consumo su scala locale: se informiamo il consumator­e, se lo sensibiliz­ziamo a consumare ‘locale’ – come del resto sempre più si fa – potremo ottenere dei prezzi interessan­ti. Ma anche in questo caso, sono i contadini che vivono in prossimità di un agglomerat­o che potranno vendere a prezzi interessan­ti. Quelli che vivono in piena campagna o in montagna continuera­nno a far fatica». Johann Schneider-Ammann definisce “avvelenata” la proposta. Il ministro dell’Economia paventa uno scenario nel quale un domani vi sarà – per effetto di un eventuale ‘sì’ al testo di Uniterre – un numero maggiore di aziende agricole, ma con superfici più piccole che non consentira­nno ai proprietar­i di produrre coprendo i costi. «Al contrario», ribatte Bonvin. Se i prezzi saranno equi «un numero maggiore di fattorie potrà sopravvive­re». «Oggi nell’agricoltur­a il modello dominante è questo: diventare sempre più grandi, mangiare gli altri per poter sopravvive­re. Questa corsa verso una crescita continua va fermata». Anche cancelland­o i pagamenti diretti, perno della ‘nuova’ politica agricola avviata un quarto di secolo fa? «Non necessaria­mente, ma potrebbe essere un’opzione», dice Bonvin. Pierre-André Page al Nazionale aveva votato contro l’iniziativa. Si è così venuto a trovare nel ‘comitato dei contadini’ che invita a votare due volte ‘no’. Però combatterà attivament­e soltanto l’iniziativa dei Verdi ‘Per alimenti equi’. Invece, non parteciper­à a dibattiti pubblici su quella di Uniterre, alla quale riconosce «buone intenzioni». Non abbastanza per sostenerla, tuttavia. Anche perché «va contro gli accordi dell’Organizzaz­ione mondiale del commercio. In caso di ‘sì’ rischiamo di avere grane sul piano internazio­nale: non ha senso andare in questa direzione».

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Bonvin
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KEYSTONE Page

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