Bombe sui tweet di Trump
Damasco – Almeno cinquanta raid aerei su Idlib sono stati ieri la più eloquente risposta russa e siriana a Donald Trump. La notte precedente, via Twitter naturalmente, il presidente statunitense aveva “avvertito” del “grave errore” che Damasco e Mosca avrebbero compiuto attaccando l’ultima roccaforte ribelle in Siria. Ma Bashar al Assad e il Cremlino hanno piani diversi. I bombardamenti di ieri, senza andare troppo per il sottile quanto alla possibilità di massacrare civili nell’enclave assediata, sono stati di fatto la fase preliminare dell’annunciata offensiva contro quello che i governi siriano, russo e iraniano definiscono un “nido di terroristi”, ma che di fatto è da tempo sotto controllo della Turchia proprio col placet di Teheran e Mosca. All’avvertimento di Trump, il Cremlino ha risposto sostenendo che “lanciare semplicemente moniti, senza prestare attenzione al potenziale negativo e di grande pericolo per tutta la situazione in Siria, è un approccio incompleto”. Intendendo che non intende più tollerare il ripetuto tentativo degli insorti di colpire la base di Hmeimim, nei pressi del porto mediterraneo di Latakia e quartier generale delle forze russe in Siria. Mentre la tv di Stato siriana ha confermato che le operazioni avviate ieri sono una “fase preparatoria” dell’offensiva su Idlib. Nel Mediterraneo orientale proseguono infatti le esercitazioni navali militari russe. A Idlib, dopo circa 50 raid aerei, si registrano già le prime vittime tra i civili: 12 morti, di cui cinque bambini nel distretto di Jisr ash Shughur, il più colpito nelle ultime ore e dove le scuole sono state chiuse fino a data da destinarsi. Secondo l’Ondus, gli obiettivi colpiti erano state postazioni di miliziani qaidisti, provenienti anche da Turkestan e Bosnia.