Cessate il fuoco a Tripoli
Le milizie libiche accolgono, sembra, l’invito delle Nazioni Unite a fermare i combattimenti
L’accordo di tregua poggia su sette punti molto generici. Centinaia di migranti in fuga dai centri di detenzione nel corso della battaglia.
Tripoli – “Se tutte le parti daranno prova di un vero e totale rispetto del cessate il fuoco...”: già nell’annunciare l’accordo per una tregua tra le milizie libiche a Tripoli, i dignitari della città sono stati molto prudenti. Dopo nove giorni di combattimenti, almeno sessanta morti e oltre 160 feriti, gruppi armati che si spartiscono potere e soldi in quel che resta del Paese hanno insomma accolto l’invito dell’Onu a incontrarsi e a deporre almeno temporaneamente le armi. Di qui a dire che non le riprenderanno già domani, ce ne corre. Se tuttavia manterranno la parola, ha ancora detto un componente del Consiglio dei dignitari di Zawiya, a una quarantina di chilometri dalla capitale, dove ha avuto luogo l’incontro, le Nazioni Unite terranno un’altra riunione per esaminare “i preparativi di sicurezza della capitale”. Una formulazione un po’ laboriosa per essere davvero affidabile, che poggia su sette punti che sono un elenco di ovvietà: cessazione di tutte le ostilità; non commettere nuovi atti ostili; non esporre i civili a pericoli, rispetto dei principi dei diritti umani citati nei trattati internazionali e nazionali; non toccare beni pubblici e privati; assicurare l’apertura dell’aeroporto di Mitiga, di tutte le strade della capitale e di quelle che vi confluiscono; evitare ogni misura che crei uno scontro armato come uno spostamento di truppe o armamenti, in particolare qualsiasi atto che crei tensione; assicurare il rispetto del documento. Fino all’annuncio dell’accordo per la tregua, i combattimenti hanno impegnato le diverse milizie, soprattutto lungo la via dell’aeroporto, a circa 17 chilometri in linea d’aria dal centro di Tripoli. Sono stati sparati anche razzi. Dopo quello che qualche giorno fa ha sfiorato l’ambasciata italiana, stavolta è toccato all’edificio dell’ambasciata statunitense – inutilizzato dal 2014 – essere lambito da un incendio, divampato per un colpo di mortaio che ha centrato un serbatoio di carburante vicino al muro di cinta della sede diplomatica. E del caos avrebbero approfittato centinaia di migranti africani, fino a 1’800 secondo alcune fonti, fuggiti da un centro di detenzione nei pressi dello stesso aeroporto. Non è chiaro dove i fuggitivi siano diretti, ma è certo che si tratti in gran parte di persone giunte in Libia per imbarcarsi poi verso l’Europa. Se fosse confermato che i migranti in fuga sono 1’800, si tratterebbe di circa un quarto di tutti quelli detenuti in Libia. La gran parte di questi è stata rinchiusa nei centri dopo essere stata intercettata dalla Guardia costiera libica durante tentativi di raggiungere l’Italia. Per loro non c’è tregua.