‘Non ho agito da adulto’
Condannato il patrigno 42enne che abusò ripetutamente della figlia della moglie
L’inattesa confessione di tutti i capi d’accusa gli ha evitato l’espiazione in carcere. Il verdetto del giudice Marco Villa: due anni con la condizionale.
Si è concluso con una condanna a 24 mesi di detenzione, sospesa condizionalmente per cinque anni, il processo nei confronti di un 42enne italiano domiciliato nel Bellinzonese, attualmente residente in Germania, ritenuto colpevole di ripetuti abusi sessuali commessi tra il 2012 e il 2014 ai danni della figlia minorenne (di età fra i tredici e i quindici anni all’epoca dei fatti) dell’allora moglie. Questa la sentenza pronunciata nel tardo pomeriggio di ieri dal giudice Marco Villa, presidente della Corte delle Assise criminali di Bellinzona riunite a Lugano, che ha confermato anche i reati di ripetuta coazione sessuale, somministrazione a fanciulli di sostanze pericolose per la salute, lesioni semplici e violazione della sfera segreta o privata tramite apparecchi di presa di immagini. La Corte ha inoltre riconosciuto la richiesta di risarcimento per torto morale pari a 20mila franchi, formulata dall’accusatore privato Cesare Lepori, seduto in aula a fianco della vittima. «Non ho agito da adulto e da padre. Mi assumo la responsabilità di quanto accaduto». Così si era aperto il dibattimento nel corso della mattinata con l’imputato che – a differenza di quanto sostenuto durante l’inchiesta (l’ultimo verbale risale a fine novembre 2016) – ha ammesso a sorpresa i fatti, riconoscendo tutti i capi d’accusa stilati dal procuratore pubblico Zaccaria Akbas. Il 42enne si è ritenuto colpevole di aver palpeggiato in diverse occasioni, sopra e sotto i vestiti, la figlia dell’allora moglie. In alcuni casi somministrando alcolici alla vittima. In un’occasione una quantità tale da farla ubriacare. Il reato di coazione sessuale riguarda invece rapporti avuti con l’ex consorte, dalla quale ha poi divorziato.
Le scuse alla vittima
Dopo la confessione l’uomo ha rivolto le sue scuse alla vittima. «In questi due anni ho pensato molto – ha detto il 42enne –. Ora voglio farla finita con questa storia e guardare avanti». La parola è poi passata al procuratore pubblico, il quale ha detto di avere «apprezzato la confessione, soprattutto nei confronti della giovane. Tuttavia il pp ha ribadito la gravità dei reati, commessi «con scadenze regolari, creando una situazione di costrizione approfittando del legame affettivo e della fiducia che la vittima inizialmente aveva nei suoi confronti». L’ammissione dei fatti ha comportato una diminuzione della pena pari a un terzo da parte della Corte, la quale ha però appoggiato le considerazioni del pp Akbas, tenendo conto del fatto che l’imputato non ha mai scontato un giorno di prigione e che non risultava possibile infliggergli l’espulsione dalla Svizzera per una questione di tempistiche. Da queste considerazioni sono conseguite le decisioni di porre a cinque anni il periodo di condizionale (anziché tre) e di accettare la richiesta di risarcimento formulata dall’accusatore privato. Lo stesso avvocato Lepori aveva definito la confessione «tardiva
e che lascia il sapore di un’ammissione allo scopo di ottenere uno sconto di pena». L’accusatore privato si era poi detto in linea con la proposta di pena formulata dal procuratore, che chiedeva due anni e dieci mesi, di cui sei da espiare, da sospendere condizionalmente per un periodo di tre anni. La difesa rappresentata da Stefano Camponovo aveva invece proposto alla Corte 24 mesi sospesi per
due anni. Una richiesta che la difesa (la quale ha subito comunicato di non voler ricorrere in Appello) ha giustificato con la presa di coscienza e il fatto che una pena non sospesa avrebbe rovinato le prospettive future dell’imputato e del suo nuovo nucleo familiare in Germania, dove si è trasferito a inizio 2017. Pp e accusatore privato decideranno nei prossimi giorni se ricorrere in Appello.