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Oltre il Concorso

- Dall’inviato Ugo Brusaporco

Scorrono film su film in una Venezia riaperta al sole dopo le piogge dei giorni scorsi. In concorso si sono visti tre film. Il primo è l’atteso ‘Vox Lux’ di Brady Corbet – che qui ha già vinto il Premio Orizzonti con ‘The Childhood of a Leader’ nel 2015 – con Natalie Portman e Jude Law. Corbet tenta di riassumere la storia del nostro tempo, comprese Torri Gemelle e Columbine, mischiando­la con il successo parallelo della cantante Celeste (Natalie Portman), che in questo stesso tempo compie una splendida parabola nel mondo della pop music. Il gioco è su una corda troppo fina per reggere; una prova autoriale che fatica a essere applaudita. Non convince neppure ‘Acusada’ di Gonzalo Tobal, un giallo che ruota attorno all’alta borghesia argentina: il regista non riesce a dare luce al suo racconto e tutto scivola nell’inutilità. Di ben altro rilievo ‘Werk ohne Autor’ di Florian Henckel von Donnersmar­ck; il regista di ‘La vita degli altri’ ci riporta ai tempi della Germania Democratic­a per mostrare come essere artisti diversi, lontani dall’ideologia dominante, fosse un problema che neppure la Germania Ovest riuscì a risolvere, vittima com’era delle leggi del Capitale. Nella vicenda dell’artista qui raccontato, tale Kurt Barnert, si adombra il grande Joseph Beuys che serbiamo nella nostra memoria per la sua ricerca di libertà. Libertà è una parola che fuori concorso è ben timbrata da due film: ‘Aquarela’ del russo Victor Kossakovsk­y e ‘El Pepe, una vida suprema’ di un Emir Kusturica ancora attento al valore di documentar­e il nostro mondo, come la ricerca di non perdere la memoria per mantenere il futuro. Filmando a 96 fotogrammi al secondo, ‘Aquarela’ mostra il nostro essere piccoli e dannosi di fronte al mondo naturale delle acque che fanno del nostro il Pianeta azzurro. Di altra poesia si fa portavoce Kusturica, il suo film è una lezione di cinema e insieme un canto al futuro, un futuro che solo le radici di José ‘Pepe’ Mujica, presidente dell’Uruguay tra il 2010 e il 2015, possono assicurare a un mondo in cerca di pace sociale, di lavoro e futuro. Kusturica ha il coraggio di non indietregg­iare di fronte alla biografia di un uomo che, accusato di terrorismo, trascorse tredici anni in carcere, di un uomo che non rinnega la lotta armata come mezzo per vincere l’impari lotta con il capitalism­o, un uomo che una volta uscito dal posto di potere non ha rinunciato a reclamare i valori del socialismo. Applausi.

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Kusturica

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