L’ultima tentazione di Timo
A 37 anni, Timo Helbling si rimette in gioco con il neopromosso Rapperswil. ‘Mi hanno cercato subito, quand’è sceso il Kloten’.
Rapperswil – È forse l’ultima sfida della sua lunga carriera. E di certo sarà una delle più difficili. Con la sua esperienza e la sua grinta, Timo Helbling dovrà aiutare il neopromosso Rapperswil a trovare la stabilità per poter mantenere il prezioso posto nell’élite dell’hockey svizzero, conquistato dopo tante fatiche quattro mesi or sono. «Mi trovo davvero bene qui nel canton San Gallo», esordisce il difensore, già giocatore del Lugano, che in carriera vanta anche un titolo nazionale – con il Berna, nel 2016 – e tre partecipazioni ai campionati del mondo. «Dopo che il mio contratto da poco firmato con il Kloten non era più valido, a causa della retrocessione degli zurighesi, il ‘Rappi’ è subito venuto a cercarmi con una buona offerta – racconta il trentasettenne navigato basilese, che in Lega nazionale A ha già alle sue spalle quasi settecento partite, tra regular season e playoff –. È un club pieno di entusiasmo, e l’euforia che deriva da un ultimo anno denso di trionfi è davvero palpabile. Sono felice di poter ricoprire un ruolo importante in un complesso tanto motivato».
‘La nostra forza è il gruppo. Qui non ci sono stelle: nessuno, ad esempio, può evitare di sporcarsi le mani con il lavoro difensivo’.
Certo che, però, gli obiettivi cambiano. Dopo aver militato quasi solo esclusivamente in squadre che puntavano in alto, come Zugo, Berna e Lugano, quest’anno nella tua nuova realtà il traguardo non può che essere l’ottenimento della salvezza. «Non cambia assolutamente nulla – dice, convinto –. A essere sincero, non sono mai stato il tipo di persona che si fissa obiettivi stagionali. Ho sempre cercato di focalizzarmi sulla singola giorna-
ta, sulla singola partita. Più in generale, direi che qualsiasi sportivo si prepara esclusivamente alla prossima sfida, cercando di vincerla. Chiaramente, però, a Rapperswil siamo tutti coscienti che il nostro destino sarà verosimilmente nelle parti basse della classifica». La qualità maggiore della tua nuova squadra? «Il collettivo è la nostra forza. Qui non ci sono stelle: ognuno sa che deve dare il massimo. Nessuno, ad esempio, può permettersi di evitare di sporcarsi le mani con il lavoro difensivo: siamo in tanti e la concorrenza è spietata, quindi
dobbiamo andare sempre a tutto gas e sacrificarci, al fine di guadagnare un posto nello scacchiere. Questo mi rende ottimista. Inoltre penso che abbiamo un buon mix, tra gente navigata come il sottoscritto, oppure Lindemann, Casutt o Rizzello, e giovani affamati che non hanno praticamente mai giocato nella massima divisione, o magari hanno solo pochissima esperienza a tali livelli (come Spiller, Schwery e Fuhrer, ndr). E poi sappiamo di poter contare su un grande portiere come Melvin Nyffeler. A ciò aggiungerei un sistema collaudato che ha dato i
suoi frutti già nel recente passato. Insomma, presupposti per fare una bella figura anche in National League direi che ci sono tutti». A trentasette anni, la tua carriera è ormai giunta agli sgoccioli. «Ora come ora voglio concentrarmi esclusivamente su ciò che succede in pista. Poi, a dicembre o al più tardi nel mese di gennaio deciderò sul da farsi. Cioè se continuare a giocare oppure appendere definitivamente i pattini al chiodo. Ci sono un paio di opzioni, per il dopo-hockey e sarò ben felice di lanciarmi in nuove attività. Ma intendiamoci,
la vita da hockeista è bellissima e quindi cerco di godermela sino in fondo». Anche perché adesso l’infezione al gomito che ti ha debilitato nella scorsa stagione è ormai solo un lontano ricordo. «E direi che quello è stato il primo campionato davvero travagliato della mia carriera. Ora sono perfettamente guarito e a livello fisico mi sento benissimo. D’altronde, io sono uno che ha sempre lavorato duramente e mi sono preparato costantemente a puntino, già da giovane. È questo che ancora oggi mi permette di giocare ai massimi livelli».