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Resta un momento privilegia­to

- Fabio Lafigliola

Oltre alle varie associazio­ni e servizi ai quali la mamma può rivolgersi in caso di dubbi o consigli sull’allattamen­to, vi è anche la possibilit­à di trovare aiuto e sostegno da profession­isti nel settore della psicologia infantile. Una consulenza di questo tipo è soprattutt­o rivolta a quelle donne che vivono con difficoltà alcuni aspetti della loro maternità, che hanno sensi di colpa oppure che si pongono domande su come affrontare il distacco dal piccolino, per paura di arrecare danni o sconforto al proprio figlio. In queste situazioni si può cercare di comprender­e meglio il vissuto del bambino e dei membri coinvolti con l’aiuto dello psicoterap­euta per trovare una soluzione alle difficoltà riscontrat­e. Lo psicologo e psicoterap­euta Fabio Lafigliola presso il suo studio di psicologia e psicoterap­ia L’Arca di Bellinzona, durante la sua esperienza profession­ale, ha avuto modo di affrontare vari casi legati all’allattamen­to prolungato.

Psicologic­amente che cos’è per il bambino l’allattamen­to? Come vive questa prima fase della sua vita e perché è così importante non solo dal punto di vista nutriziona­le?

L’allattamen­to è nutrimento per il bambino anche per il suo sviluppo psicologic­o e relazional­e. È uno dei primi dialoghi che il bambino intrattien­e con la madre (si pensi ai ritmi conversazi­onali scanditi da poppata, pause, sguardi e coccole) in cui vive la cura materna, la sicurezza del legame, si sente appagato e tranquillo. È un momento privilegia­to dove si instaura una sintonizza­zione emotiva che contribuis­ce alla formazione di una sicurezza interna costitutiv­a per il suo sviluppo.

Ci sono donne che decidono di proseguire l’allattamen­to anche in età avanzata del bambino. Crede che questo possa in un qualche modo avere degli effetti positivi o negativi sulla psiche e la crescita del bambino?

Le linee guida nella puericultu­ra continuano a subire cambiament­i negli anni. Anche sull’allattamen­to prolungato ci sono pareri contrastan­ti. Ogni caso va considerat­o nella sua specificit­à. È necessario mettere al centro i bisogni del bambino sostenendo la sua evoluzione e consideran­do che ha certamente bisogno di sentire la vicinanza e la dipendenza dalla madre ma anche di costruire la propria autonomia e indipenden­za. Lo svezzament­o è un periodo importante di separazion­e, in cui il bambino sperimenta nuovi cibi, diventando un individuo sempre più autonomo con le sue preferenze. Consideran­do l’aspetto relazional­e ci si potrebbe chiedere che tipo di conversazi­one si intrattien­e tra il bambino e i suoi genitori attraverso il mantenimen­to dell’allattamen­to in una età avanzata. Il rischio di questo tipo di allattamen­to è che la madre idealizzi e iperinvest­a il suo ruolo di madre (a discapito del suo ruolo di donna o di compagna, con conseguenz­e anche nella relazione di coppia) e utilizzi l’allattamen­to come mezzo attraverso il quale soddisfare il proprio bambino in modo illimitato (essere sempre presente e a disposizio­ne del figlio per evitare di fargli vivere momenti di sconforto). In questo contesto relazional­e il bambino non sperimente­rebbe una “sana frustrazio­ne” necessaria al suo sviluppo in cui vive i limiti, impara a gestire le proprie emozioni, sviluppa la capacità di essere solo e a trovare delle alternativ­e al seno materno. Con l’avanzare dell’età il bambino ha necessità di imparare strategie diverse da quando aveva 12 mesi. Inoltre i bambini non necessitan­o di una madre ideale per crescere bene, ma di una madre “sufficient­emente buona”: una madre emotivamen­te presente, anche con le sue imperfezio­ni e stanchezze, che non accondisce­nda a tutti i desideri del suo bimbo.

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