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Sull’export di armi ‘dovrà esprimersi la popolazion­e’

Un’iniziativa popolare mira a impedire un allentamen­to dei criteri per l’export di materiale bellico Un’ampia alleanza interparti­tica intende dare la possibilit­à alla popolazion­e di esprimersi anche su una modifica di un’ordinanza

- Di Fabio Barenco/Ats

Sta alla popolazion­e decidere sull’allentamen­to dei criteri per esportare armi. Ammesso che voglia avere l’ultima parola in capitolo. Lo sostiene un’ampia allenza interparti­tica che ieri ha presentato un’iniziativa popolare per impedire che in futuro venga venduto materiale bellico anche in Paesi teatro di una guerra civile. Tuttavia, l’iniziativa verrà lanciata solo se entro due settimane saranno raccolte almeno 25mila firme. Lo scorso giugno il Consiglio federale ha deciso che, a causa di una difficile “situazione economica del settore” e per “preservare una base industrial­e sufficient­e”, è necessario ammorbidir­e i criteri di autorizzaz­ione presenti nell’Ordinanza sul materiale bellico (Omb). Né il governo, né le commission­i della politica di sicurezza delle due Camere hanno però ritenuto necessario avviare una procedura di consultazi­one che avrebbe permesso a Cantoni, partiti, gruppi d’interesse ed esperti di esprimere un’opinione sul progetto dell’esecutivo. La commission­e del Nazionale ha motivato tale scelta con il fatto “che anche per precedenti modifiche dell’Omb si è rinunciato a una consultazi­one”. Un’altra interpreta­zione è che Berna non abbia giudicato il progetto di “ampia portata politica”: se fosse stato così l’apertura di una procedura di consultazi­one sarebbe stata obbligator­ia. Visto il dibattito pubblico che si è scatenato nelle ultime settimane, questa argomentaz­ione non sembrerebb­e però essere molto azzeccata. Insomma, il punto è che non si può lanciare un referendum su una modifica di un’ordinanza. E per questo motivo rappresent­anti di Ps, Verdi liberali, Verdi, Pbd, ambienti ecclesiast­ici, organizzaz­ioni umanitarie come Amnesty Internatio­nal e il Gruppo per una Svizzera senza esercito (Gsse) hanno deciso di presentare un’iniziativa ‘mascherata’ proprio da referendum. Stando ai promotori, il Consiglio federale ha chiarament­e superato una linea rossa cedendo unilateral­mente di fronte alle pressioni dell’industria bellica. Le norme relative all’esportazio­ne verrebbero così alleggerit­e senza che il parlamento possa pronunciar­si. Ora, se in due settimane riuscirann­o a raccoglier­e 25mila firme, ciò sarà interpreta­to come un segnale che la popolazion­e vuole dire la sua sull’argomento. Una votazione simile c’era già stata nel 2009, quando i cittadini avevano chiarament­e respinto con il 68% dei voti l’iniziativa del Gsse ‘Per il divieto di esportare materiale bellico’. Allora la motivazion­e principale per il ‘no’ fu la paura di una perdita massiccia di posti di lavoro (tra i 5’000 e i 10’000 impieghi), preoccupaz­ione espressa ancora oggi sia dai produttori di armamenti elvetici, sia dalla commission­e del Nazionale. Allora però i partiti borghesi si erano chiarament­e schierati contro l’iniziativa, mentre oggi si ritrovano dalla stessa parte del Gsse. Bisogna anche dire che nel 2009 la modifica costituzio­nale chiedeva di vietare le esportazio­ni di armi, mentre questa mira soltanto a ristabilir­e la situazione antecedent­e al 2014, ovvero prima che il governo allentasse i criteri di esportazio­ne permettend­o la vendita di materiale bellico anche in Paesi che non rispettano i diritti umani.

Un ritorno al passato

È interessan­te notare la differenza di approccio del Consiglio federale: oggi – dopo l’insediamen­to del ‘ministro’ degli Esteri Ignazio Cassis e un conseguent­e spostament­o a destra dell’esecutivo, sostengono alcuni analisti – è proprio il governo che spinge verso una maggiore libertà di esportazio­ne per l’industria bellica elvetica. Dieci anni fa, invece, il Consiglio federale – anche in virtù della votazione sull’iniziativa del Gsse – aveva deciso di rendere più rigidi i criteri per l’export di armi: alla fine del 2008 l’ordinanza sul materiale bellico era stata modificata, prevedendo un divieto di esportazio­ne verso Paesi coinvolti in un conflitto interno o internazio­nale o verso Stati che violano sistematic­amente i diritti umani. Insomma, si tratta della situazione alla quale vuole tornare l’ampia alleanza che ieri ha presentato l’iniziativa.

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KEYSTONE ‘Il Consiglio federale ha superato una linea rossa’

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