Terre des hommes vince il Premio Balzan per la pace
Annunciati i vincitori dei prestigiosi Balzan, al completo con il riconoscimento per la pace Scienza e solidarietà: oltre a quattro ricercatori, premiata anche Terre des hommes per il suo progetto per ridurre la mortalità infantile in Mali
Quattro discipline diverse premiate ogni anno, due di area umanistica e due di area scientifica; più il premio speciale, a cadenza variabile, “per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli”: di solito le conferenze stampa dei Premi Balzan sono un tour de force intellettuale, passando nel giro di pochi minuti dalla filosofia morale alla fisica delle particelle alla musicologia. Quest’anno, però, è stato diverso: pur nella varietà delle materie selezionate – antropologia sociale, storia globale, dinamica dei fluidi, ecologia chimica – alle quali si è aggiunto il premio per la pace, c’è una sorta di filo rosso nei cinque premiati, o almeno questa è stata l’impressione ascoltando, ieri in conferenza stampa a Milano, le varie presentazioni. Pur guardandosi bene dal mischiare istanze politiche con la ricerca scientifica, i Premi Balzan sembrano portare avanti un discorso di responsabilità e rispetto che del resto è vicino alle ispirazioni della fondazione che unisce scienza e solidarietà – e «in tempi non propizi né per la scienza né per la solidarietà» ha precisato, con una punta di polemica, il presidente della Fondazione Premi Enrico Decleva.
Al di là dell’Occidente
Rispetto e responsabilità che si manifestano nella necessità di uno sguardo diverso, più aperto, come quello dei due vincitori dei premi umanistici: Marilyn Strathern dell’Università di Cambridge per l’antropologia sociale e Jürgen Osterhammel dell’Università di Costanza per la storia globale. L’antropologia di Strathern, ha spiegato Nathalie Heinich del Comitato generale Premi, parte da una riflessione sugli strumenti intellettuali con cui studiamo le altre culture; si tratta, in particolare, di rivedere le categorie occidentali e abbandonare le contrapposizioni concettuali come individuo/società, natura/cultura e uomo/donna. «Invece di una economia occidentocentrica dei beni, degli oggetti e delle classi che privilegia la disuguaglianza e la domina- zione, Strathern presenta una descrizione rigorosa di un’economia del dono e delle persone, dei clan che privilegia le relazioni e l’interdipendenza» ha precisato Heinich. Un’apertura verso punti di vista altri che troviamo anche nel lavoro di Osterhammel e in generale nella storia globale. Si tratta, come ha subito spiegato lo storico Andrea Giardina del Comitato generale Premi, di una disciplina recente che non va confusa con la storia mondiale. Fare storia globale non significa semplicemente scrivere di quel che accade in giro per il mondo o occuparsi delle relazioni tra Stati, ma elaborare una storia che sappia andare al di là della visione eurocentrica, indagando come cambiano nel tempo le varie culture. Una disciplina giovane, si è detto, e infatti uno dei meriti di Osterhammel è proprio quello di aver contribuito a precisare i metodi e gli obiettivi della storia globale, disciplina che, ha ammesso Giardina, ogni tanto presenta delle derive ideologiche che non tutti condividono.
Di fluidi e di leguminose
Nelle due materie umanistiche abbiamo quindi una sorta di assunzione di responsabilità verso il mondo nella sua complessità. Assunzione di responsabilità che troviamo, declinata in maniera diversa, anche nelle due materie scientifiche, dove abbiamo due casi di grande ricerca pura con importanti applicazioni. La dinamica dei fluidi, per la quale viene premiato il fisico Detlef Lohse dell’Università di Twente, è un problema teorico estremamente complesso ma, come hanno ricordato Etienne Ghys e Carlo Wyss del Comitato generale Premi, «tutto è fluido: l’acqua, l’aria, il magma, gli oceani». Studiare le turbolenze nella convenzione di Rayleigh-Bénard, che si ha quando un fluido viene riscaldato da una parte, può aiutare a comprendere gli eventi climatici o sismici. Discorso simile per l’ecologia applicata, materia per la quale è premiata Eva Kondorosi dell’Accademia ungherese delle scienze. Kondorosi ha studiato i segnali chimici che le piante delle leguminose scambiano con alcuni batteri che vivono nelle radici, un sistema di comunicazione complesso che sta alla base di un fenomeno importante per la crescita delle piante: la fissazione dell’azoto. Una sostanza presente in abbondanza nell’aria ma in una forma che le piante non possono assorbire, ha spiegato Charles Godfray del Comitato generale Premi, se prima non viene “fissata” dai batteri. L’alternativa è ricorrere a fertilizzanti, la cui produzione è però sempre più messa in discussione a causa dell’impatto ambientale: le ricerche sulla comunicazione tra piante e batteri sono «fantastica scienza pura che diventa fantastica scienza applicata, se pensiamo al fatto che in futuro dovremo sfamare dieci miliardi di persone facendo uso di meno fertilizzanti» ha concluso Godfray.
In difesa dell’infanzia
Infine, il Premio per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli che, ha spiegato Decleva, «in tempi di crisi umanitaria doveva andare a un’organizzazione attiva nella solidarietà internazionale». La scelta è andata su Terre des hommes, fondata a Losanna da Edmond Kaise nel 1960, «ma non è stato semplice decidere». Così, novità di quest’edizione, si è deciso di contattare le organizzazioni più meritevoli chiedendo loro di presentare un progetto, insomma per sapere come avrebbero investito il milione di franchi del premio. Terre des hommes ha presentato il progetto Simsone, che sta per Simulation Soin Néonatal. Ogni anno milioni di bambini e migliaia di madri muoiono per la mancanza, o la scarsa qualità, delle cure sanitarie; un problema anche di formazione di chi presta aiuto durante e dopo il parto. Nel Mali, una zona dove il tasso di mortalità infantile è tra i più alti al mondo, si è sperimentato questo sistema, in pratica una unità mobile di simulazione di cure ostetriche e neonatali, un modo per apprendere le pratiche corrette. Un primo test, condotto in un’area ristretta, ha dato risultati incoraggianti e adesso, grazie al premio Balzan, sarà esteso, sempre in Mali, a un’intera regione di tre milioni di abitanti. Si stima che si riusciranno così a salvare 150 neonati ogni mese. «Siamo lieti di associare i premi Balzan a una simile iniziativa» ha concluso Decleva.