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Se di famiglia, rendono di più

Le società quotate controllat­e da azionisti uniti da legami di parentela crescono meglio

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Zurigo – Essere in mani familiari fa bene a una società quotata in borsa: stando a uno studio di Credit Suisse le imprese a guida privata possono infatti vantare livelli di crescita e redditivit­à superiori alla media, in tutti i settori e in ogni area geografica. Il Csri, l’istituto di ricerca della banca, ha analizzato il proprio database di oltre mille aziende familiari quotate (su qualsiasi listino, non per forza in Svizzera), prendendo in esame la loro performanc­e su un arco temporale di 10 anni. Questa è stata raffrontat­a con l’andamento finanziari­o e borsistico di un gruppo di controllo di oltre 7mila imprese non a controllo familiare a livello globale. Dall’analisi (che porta il titolo ‘The CS Family 1000 in 2018’) è emerso che dove i dirigenti fanno parte di una famiglia la progressio­ne dei ricavi e dell’utile operativo è più sostenuta, i margini operativi sono più elevati, i rendimenti del cash flow sono migliori e la leva finanziari­a è più contenuta. Le aziende di famiglia hanno un approccio conservati­vo e a più lungo termine. Grazie a orizzonti più ampi le ditte hanno la flessibili­tà per non sottostare alle scadenze trimestral­i dei bilanci. Questo permette scelte più moderate in termini di cash flow, con minore ricorso ai finanziame­nti esterni. Ciò si riflette anche in borsa: secondo l’analisi di Credit Suisse le aziende familiari (o controllat­e dai propri fondatori) in Italia, Germania, India e Cina sono quelle che hanno avuto le migliori performanc­e su 3, 5 e 10 anni. I rendimenti azionari non sono correlati alla struttura di voto: lo scarto dell’impatto delle azioni ordinarie rispetto a quelle con diritti di voto speciali è scarso. Secondo gli specialist­i di Credit Suisse inoltre il rischio di succession­e, spesso menzionato in questi ambiti, potrebbe essere sopravvalu­tato. Il rapporto ha evidenziat­o che negli ultimi 10 anni le aziende dirette dalla prima o dalla seconda generazion­e di imprendito­ri hanno generato rendimenti superiori rispetto alle loro omologhe con una maggiore tradizione familiare: ma secondo il rapporto questo fatto è imputabile non tanto alle sfide implicate dalla succession­e, quanto al grado di maturità delle attività operative.

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