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Negli Usa è sotto esame il lobbismo di Novartis

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Washington – Novartis di nuovo sulla graticola negli Stati Uniti: una senatrice americana ha chiesto al gigante farmaceuti­co renano di fornire documenti interni, in modo da determinar­e se le discusse attività di lobbismo dell’azienda abbiano contribuit­o ad aumentare il prezzo dei farmaci distribuit­i con ricetta medica. La senatrice è Tina Smith, una donna politica democratic­a del Minnesota che fa parte della Commission­e sanità, istruzione, lavoro e pensioni del Senato. La lettera – di cui dà notizia l’‘Aargauer Zeitung’ – è stata inviata il 23 agosto a Vasant Narasimhan, il nuovo Ceo (americano) di Novartis, in carica dal primo febbraio al posto del (connaziona­le) Joe Jimenez. All’inizio di maggio il gruppo farmaceuti­co renano aveva ammesso di aver sottoscrit­to nel febbraio 2017 un contratto da 1,2 milioni di dollari con la Essential Consultant­s, società di consulenza di Cohen. Obiettivo: ricevere suggerimen­ti riguardo alla politica sanitaria. C’è però chi sospetta che Novartis abbia ingaggiato l’avvocato di Trump per avere un accesso privilegia­to alla nuova amministra­zione americana. A rivelare i pagamenti del gigante dei farmaci a Cohen era stato l’avvocato di Stormy Daniels, la pornostar che sostiene di aver avuto un incontro sessuale con Trump nel 2006 e che ha ricevuto 130mila dollari dalla Essential Consultant­s, soldi che – è notizia della scorsa settimana – l’impresa di consulenza chiede indietro. Novartis ha confermato di aver ricevuto la lettera, ma non vede problemi. “Le nostre pratiche di lobbismo negli Stati Uniti sono e sono sempre state conformi alla legge”, ha indicato l’azienda all’agenzia Awp. Il gruppo considera chiusa la questione Cohen. Va ricordato che la vicenda aveva portato alla partenza di Felix Ehrat, responsabi­le giuridico di Novartis, che ha rassegnato le dimissioni. Il Ceo Vasant ha definito come priorità pratiche eticamente corrette all’interno dell’azienda. Il tema è inoltre legato a un’altra vicenda di presunta corruzione, venuta alla luce in Grecia: fra 2006 e il 2015 la società avrebbe pagato tangenti per far aumentare i prezzi dei propri farmaci sul mercato ellenico e per farli acquistare dal servizio sanitario nazionale.

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