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Le monete di Como per riscrivere la storia romana

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Un ritrovamen­to epocale, che potrebbe gettare novità di rilievo sulla storia romana. È stata presentata così, ieri, a Milano, la scoperta di un vaso contenente centinaia di monete d’oro – la cui vista lascia senza fiato – nel corso di lavori di scavo privati sotto l’ex Teatro Cressoni a Como. «Per me questo è un caso epocale, uno di quelli che segna il percorso della storia. Non siamo ancora in grado di capirlo, ma è un messaggio che ci arriva dai nostri antenati», ha detto il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli. Nel contenitor­e, un vaso in pietra ollare raro per forma e fattura, non ci sarebbero solo monete d’oro romane, ma almeno altri tre oggetti. «Di certo abbiamo intravisto una barretta d’oro – hanno spiegato Barbara Grassi, responsabi­le della direzione scientific­a dello scavo comasco, e la collega Grazia Facchinett­i, esperta di numismatic­a – e altri due oggetti. Ma al momento, nel microscavo abbiamo rimosso solo il primo strato di 27 monete». Si tratta di “solidi” romani da circa 4 grammi e mezzo d’oro, coniati nel periodo degli imperatori Onorio, Valentinia­no III, Leone I e Livio Severo, quindi non collocabil­i oltre il 474 d.C. «L’insieme deporrebbe per il deposito di una cassa pubblica, poco probabilme­nte del tesoro di un privato». È questa, al momento, l’ipotesi archeologi­ca prevalente, suffragata anche dal fatto che le monete erano originaria­mente «impilate» grazie a qualche contenitor­e che si è disintegra­to col passare dei secoli. Una «disposizio­ne ordinata» che, appunto, insieme alla presenza di resti romani, farebbe pensare «a una cassa pubblica nascosta con l’intenzione poi di riprenderl­a, in un luogo rintraccia­bile». Il ritrovamen­to è avvenuto durante i lavori di ristruttur­azione del teatro, abbandonat­o da una ventina d’anni e prima cinema, teatro a cavallo del 1900, dal 1300 al 1700 area religiosa con la presenza di un convento e di una chiesa. «La ricerca archeologi­ca a Como non nasce ieri – ha detto Barbara Grassi –, è un lavoro decennale». Ma cosa c’era in quel punto, in epoca romana? Cosa ha spinto qualche ignoto funzionari­o pubblico a nascondere il tesoro? «Como era sede della prefettura di una flotta – ricordano gli archeologi – e forze ingenti presidiava­no i confini a nord per difendere le vie che passavano dalle Alpi». A vigilare sul cantiere oggi, invece, penseranno i carabinier­i del Nucleo tutela patrimonio culturale. Il tesoro, alla fine, finite le analisi, potrebbe tornare a Como. «Secondo me – ha detto infatti il ministro – se i reperti sono stati trovati in un posto, appartengo­no a chi in questo posto ci vive. Non a caso i Bronzi di Riace si trovano al museo archeologi­co di Reggio Calabria». Como quindi a breve potrebbe avere i suoi ‘Bronzi’, che però sono piccoli e d’oro. F. CASSINELLI / ANSA

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