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‘Il sesso? Un tema tabù in seminario’

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Per generazion­i, i sacerdoti sono stati piuttosto a digiuno dell’alfabeto emotivo, senza una formazione specifica su come gestire l’affettivit­à, il sesso era un tema tabù in seminario. Strumenti importanti invece per vivere in modo equilibrat­o il celibato. Lo spiegano fra Martino Dotta e don Rolando Leo, insegnante e direttore dell’Ufficio insegnamen­to religioso scolastico e dell’Ufficio catechisti­co. «Durante il seminario e l’università occorre dare ai candidati presbiteri maggiore formazione e informazio­ne sulla realtà in cui viviamo, sulle relazioni affettive e sessuali, in modo particolar­e per chi dovrà accompagna­re i giovani. Durante la mia formazione non ho avuto tutto ciò, l’ho recuperato in seguito frequentan­do corsi di psicologia, affettivit­à e sessualità», spiega l’assistente della Pastorale giovanile.

‘Serve il coraggio di andare a fondo’

La scelta del celibato è un percorso intimo e don Rolando lo spiega così: «Comporta la maturazion­e di una dimensione affettiva integrale. È nell’amore di Dio riconosciu­to presente in noi e quindi connaturat­o – un amore direzionat­o verso ogni creatura – che si genera un percorso di discernime­nto e una capacità a gestire l’affettivit­à anche nel celibato. Sviluppand­o relazioni affettive nel dono totale di sé stessi agli altri, la dimensione sessuale prende forma e si sublima in una dimensione oblativa (offerta di sé)». E sui test per verificare eventuali devian- ze su nuovi sacerdoti dice: «Bisogna avere il coraggio di andare a fondo, sono strumenti da usare prima dell’ordinazion­e sacerdotal­e per i candidati e seminarist­i. Una volta che si è sacerdoti la questione dovrebbe essere gestita con equilibrio e con corsi incisivi di aggiorname­nto e formazione generale per sensibiliz­zare sempre più», conclude.

‘Anche noi abbiamo pulsioni’

Anche per fra Martino Dotta, frate Cappuccino svizzero dal 1987, il test per scongiurar­e eventuali devianze può essere «uno strumento utile prima di tutto alla persona per prendere coscienza della propria realtà affettiva, aiutandola poi a integrarla in una scelta di vita dedicata al prossimo. Non è un’intrusione in uno spazio intimo, ma un’opportunit­à in più per i candidati alla vita ecclesiast­ica, da allargare alle comunità religiose, soprattutt­o a chi segue i giovani». Per fra Martino Dotta occorre accettare con serenità che dietro ogni sacerdote c’è un uomo con le sue pulsioni: «In seminario tutto ciò che ruota attorno all’affettivit­à era tabù. In seguito, durante il noviziato (che ho fatto 30 anni fa) abbiamo tematizzat­o argomenti come affettivit­à e sessualità. È normale nelle comunità religiose. Occorre insistere al riguardo durante la formazione iniziale, ma poi continuare a garantire un accompagna­mento. Può farlo il padre spirituale confessore, valutando la maturazion­e emotiva del candidato e aiutando a gestire la propria sessualità durante la vita», conclude.

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