Nomine giudici, metodo anomalo
Una scelta effettuata «con un’interpretazione creativa e disinvolta» per dirla con le parole di Matteo Pronzini, deputato MpS che lo scorso 4 agosto aveva chiesto spiegazioni al governo sulla nomina di due giudici senza passare dalla porta principale, ovvero quella del Gran Consiglio, come impone la legge. Magari ci sarà stata l’urgenza, ma siamo di fronte a una prassi poco consueta, tutta da verificare. È questo il primo ragionamento fatto ieri in Gran Consiglio da tutti i capigruppo sollecitati da Pronzini che voleva la ‘discussione generale’. Che non c’è stata, ma solo perché è bene capire cosa sia realmente capitato e la vigilanza, su questa questione, spetta alla Commissione della legislazione che già ieri – durante la pausa del dibattito – si è chinata sul dossier. Dunque se ne riparlerà nelle prossime settimane, partendo appunto dal rapporto dei commissari e l’impressione generale – riferita ai cronisti ‘off record’ – è che sì, qualcosa di anomalo in questa storia c’è, benché ne dica Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle istituzioni, che ieri ha risposto a Pronzini cercando di disinnescare la mina. L’ennesima. «La richiesta di un incarico [per un giudice straordinario, ndr] è giunta dal Tribunale penale medesimo che citava il caso d’impedimento di carattere durevole e la conseguente designazione di un giudice straordinario per la durata di due anni» ha precisato il direttore del Dipartimento delle istituzioni. Che ha aggiunto: «Il Consiglio della magistratura, su richiesta del governo, ha formulato il proprio preavviso favorevole alla richiesta e il Consiglio di Stato dopo una disanima della situazione e tenuto conto delle decisioni prese in precedenza, ha ritenuto giustificata la richiesta». E ha deciso tenuto conto, ha aggiunto Gobbi, dell’articolo 24 della legge sull’organizzazione delle giustizia. Insomma, «un atto dovuto» al quale va attribuito «precipua importanza in ottica di garantire il buon funzionamento della magistratura penale, nel pieno rispetto delle norme in materia». Ma almeno avete interpellato un organo del Gran Consiglio, chiedeva Pronzini, tipo l’Ufficio presidenziale o la Commissione della legislazione? No, non è stato fatto, ha riposto ieri il consigliere di Stato «giacché la decisione presa rientra, come visto, nel novero delle proprie competenze. Una decisione che si impone per il buon funzionamento della magistratura penale, in particolare del Tribunale penale cantonale». Stesso discorso – nessun avviso formale al parlamento – per la designazione del giudice dei provvedimenti coercitivi che ha sostituito un dimissionario, o meglio che supplisce alla partenza anticipata per diritti maturati. Ma il governo poteva decidere sulle due nomine, per quanto temporanee, senza il via libera parlamentare? La questione non è solo formale. Per il giudice straordinario del Tribunale penale, in particolare, la domanda è estremamente concreta. In via ipotetica, infatti, chiunque sottoposto al suo giudizio – data l’anomalia della decisione – potrebbe contestare il verdetto e ricorrere, con buona probabilità di ottenere ragione, è il commento registrato ieri nei corridoi del Palazzo. Su un fatto, per ora, tutti i gruppi parlamentari hanno concordato: occorre fare chiarezza e farla presto, perché non si può lasciare l’autorità giudiziaria nell’incertezza. L’appuntamento è a breve, ancora in quest’aula. A.BE