Soldi del patrigno dilapidati per il gioco
Dodici mesi sospesi alla donna che, in pochi anni, ha sottratto 153mila franchi al familiare
Un buon rapporto di famiglia, una figlia da precedente matrimonio che si prende cura di suo patrigno, ancor di più quando la madre muore. Il conseguente trasferimento dell’uomo in casa anziani. Poi arriva il gioco d’azzardo, che ha quale culmine l’approdo, ieri, nell’aula della Corte delle assise correzionali di Mendrisio presieduta dal giudice Mauro Ermani. Alla sbarra lei, la donna di 72 anni che si è presa cura del proprio patrigno, arrivando però a sconfinare nella ripetuta appropriazione indebita che le è costata, a conti fatti, una condanna a 12 mesi di detenzione sospesi per un periodo di prova di due anni. Il tutto comincia nel 2009, quando l’uomo resta vedovo. Decide allora di trasferirsi nella casa per anziani di Novazzano e, allo stesso tempo, di vendere la casa. Il provento della vendita? Metà alla figlia, metà per sé e per i costi della permanenza in casa anziani. La metà dell’uomo – ora defunto – ben presto svanisce e nel 2014 parte, a seguito di una denuncia penale, l’inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Fiorenza Bergomi. «L’unica persona di fiducia che c’era gli ha fatto fuori i soldi» ha ricordato ieri in aula la procuratrice durante la requisitoria. Già, perché nel marzo del 2010 la donna, ancor prima che il patrigno entrasse in casa anziani, aveva prelevato dal suo conto, in contanti, 55mila franchi. Nel 2011 un altro trasferimento di denaro: la donna trasferisce dal conto dell’uomo (occupandosi della sua gestione corrente ne aveva accesso) a uno esclusivamente intestato a lei, 167mila franchi. Dei soldi, come detto, nel 2014 non ve nera già più traccia. «Dove sono finiti tutti questi soldi?» ha incalzato il giudice in aula. «Non lo so», la risposta dell’imputata la quale ha aggiunto di «aver fatto quello che dovevo fare per me stessa». «Giocava, e giocava spesso» ha ribattuto il giudice prima di sentirsi dire: «Ma non ho fatto male a nessuno». Reticenze, quelle della 72enne assistita dall’avvocato Mattia Bordignon, che sin da prima del dibattimento hanno cozzato con i vari verbali d’interrogatorio. «Con alta verosimiglianza li ha spesi per sé (i soldi, ndr) e li ha giocati», ha sottolineato la pp ricordando il «non credibile» atteggiamento processuale della donna oltre «all’incapacità di dimostrare» come fosse stato impiegato il denaro. Ben 153mila franchi non giustificati, tenendo conto che il curatore del defunto ne ha riconosciuti quasi 95mila per sostenere le spese dell’uomo. Il conto, altrimenti, sarebbe lievitato. Da qui, anche a fronte di «indizi convergenti», la richiesta di pena di 19 mesi sospesi per 2 anni. La difesa si è invece battuta per il proscioglimento, subordinatamente per una «pena molto mite». Questo anche in considerazione del fatto che «l’imputata si è sempre fatta carico di assistere il patrigno» e che sta convivendo con «problemi di salute anche di una certa gravità». «Si è presa i soldi di una persona che le voleva bene», ha chiosato infine il giudice emettendo la sentenza.