laRegione

Il cafonismo al tempo della libertà totale

- Di Maurizio Cucchi

Il nostro tempo ha introdotto, come ogni giorno ci è dato vedere, con sempre minima sorpresa, due... “valori” (disvalori) fin qui inattesi: l’ignoranza, di cui certo tornerò a parlare, e il cafonismo, pervenuto anche ai vertici magistrali di super cafonismo. Ce ne accorgiamo tutti i giorni: spazio dall’alto al basso con efficacia pervasiva e impavida. Partendo dall’alto (alto?) possiamo osservarlo nelle mirabili gesta di molti politici, che non perdono occasione di farsi fare dei selfie anche in circostanz­e e momenti che imporrebbe­ro ben altro comportame­nto. E gli stessi politici, spesso divenuti comici della tivù, danno vita a dibattiti dove la dialettica è ridotta all’insulto reciproco. Un tempo assistevo a confronti in cui il disaccordo era espresso da frasi del tipo: “Non la penso come lei, ma terrò conto del suo parere”. Oggi questa elegante manfrina è rimpiazzat­a dalla sintesi di una parolaccia o circa. D’altra parte il turpiloqui­o è stato da tempo sdoganato, al punto che le più delicate ragazzine si esprimono con la raffinatez­za di un portuale di primo Novecento. Tutto questo dipende da un’idea primitiva secondo cui la libertà sarebbe una sorta di “faccio quel che mi pare”, mescolata a tendenze pseudo educative del secolo scorso, quando i genitori lasciavano “libertà” quasi totale ai loro figliolett­i per non renderli individui repressi. Del resto il villanismo non riguarda certo solo i giovani. Sempre più spesso vedo signore di mezza età leggere il giornale al bar semi sdraiate, oppure in treno mettere i piedi sul sedile di fronte. Per non dire di quei gentiluomi­ni che ovunque urlano al telefono. L’urlo, in effetti, è tipico del villanismo post umano. Probabile effetto di ore in discoteca o passeggiat­e con cuffie.

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Funerali di Stato con selfie

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