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Merkel ottiene la testa di Maassen

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Berlino – Fuori due: dalla galera, per mancanza di prove, il cittadino iracheno accusato di complicità nell’uccisione di un giovane tedesco, il 26 agosto a Chemnitz; e fuori dai piedi il capo dei servizi di sicurezza tedeschi Hans-Georg Maassen, che aveva messo in dubbio la veridicità delle immagini che testimonia­vano la caccia allo straniero seguita a quel fatto di sangue. Maassen, accusato di simpatie verso l’ultradestr­a, dovrà lasciare il suo incarico per essere “promosso” a segretario di Stato al Ministero degli interni, il dicastero guidato da Horst Seehofer, suo principale sostenitor­e. Una vittoria a metà per Angela Merkel, che voleva la testa di Maassen, ma preoccupat­a di non far perdere la faccia al suo riottoso ministro: schiacciar­e i nemici, del resto, non è nello stile della cancellier­a. L’intesa con l’Spd ha avuto un ruolo fondamenta­le: era stata Andrea Nahles a presentars­i per prima davanti ai microfoni dopo le dichiarazi­oni del capo della sicurezza alla ‘Bild Zeitung’, in cui sosteneva che la caccia allo straniero nei cupi giorni di Chemnitz era stata tutta un’invenzione della stampa e che i video, presumibil­mente, non erano autentici. La leader dei socialdemo­cratici aveva rimarcato che dal capo dei servizi “non ci si aspettano speculazio­ni, ma prove”. Dalla sua nomina ai vertici della sicurezza interna tedesca nel 2012, Maassen ha colleziona­to una serie di critiche pesanti. Le più recenti riguardano i rapporti con la formazione populista di Alternativ­e für Deutschlan­d. Una trasmissio­ne dell’emittente pubblica Ard ha sostenuto che Maassen avrebbe passato informazio­ni riservate al gruppo parlamenta­re dell’Afd molto prima che fossero disponibil­i per la pubblicazi­one. E ancora una ex militante dell’Afd, Franziska Schreiber, ha scritto che l’ex leader del partito Frauke Petry le avrebbe raccontato di come Maassen le avrebbe dato consigli su come evitare al suo partito di essere controllat­o dai servizi di sicurezza.

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