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È arrivata l’ora di dire basta!

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“(…) Uomo e donna hanno diritto a un salario uguale per un lavoro di uguale valore”. Così dice la Costituzio­ne federale svizzera già dal 14 giugno 1981. Dopo 37 anni la parità salariale non è tuttavia stata raggiunta, e ancora oggi le donne devono lavorare 6 giorni per guadagnare quanto un uomo in 5. A chi piacerebbe lavorare gratis ogni sabato dopo 5 giorni di lavoro, caricandos­i anche gran parte del lavoro domestico e di cura dei famigliari (figli, parenti anziani)? Il 22 settembre a Berna le donne (e gli uomini) manifester­anno. Le donne deplorano la decisione del Consiglio degli Stati di introdurre un controllo sulla parità salariale solamente per le aziende con più di 100 dipendenti ogni 4 anni, per un periodo limitato di 12 anni. Il Consiglio nazionale deciderà su questa modifica di legge il 25 settembre. Le donne il 22 settembre protestera­nno tra le tante cose contro la decisione del Consiglio degli Stati, che ha adottato una modifica di legge all’acqua di rose, che esclude dai controlli il 99% delle aziende (solo l’1% delle aziende ha più di 100 dipendenti!) e che non prevede alcuna sanzione per chi non rispetta la parità salariale. Il Consiglio degli Stati dovrebbe essere messo sotto accusa per il mancato impegno nella difesa della Costituzio­ne, ossia per non aver voluto difendere i diritti di più della metà della popolazion­e. Con la sua proposta annacquata ha dato di nuovo ad intendere che la difesa delle donne è secondaria e che queste ultime sono cittadine di serie B. Le Nazioni Unite hanno definito la disparità salariale come il più grande furto della storia. Il Consiglio degli Stati è complice del perpetuars­i di questo furto, perché evidenteme­nte la sua pseudo proposta non può fermare la discrimina­zione salariale. È arrivata l’ora di dire basta!

Barbara Di Marco, Lugano

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