E chi si ferma è perduto
È di nuovo tempo di emozioni, sulla lunga strada che porta al titolo. Prima di un futuro (forse) a due velocità.
Fosse semplicemente una questione di budget, in finale arriverebbero sempre e soltanto Berna e Zurigo. Invece così non è. Anzi, spulciando gli archivi ci si accorge che nel nuovo millennio, in finale quel duello c’è stato una volta sola: era l’aprile del 2012. Ed è proprio l’indeterminatezza, il bello dell’hockey. Uno sport in cui a decidere tutto non è il semplice tirar delle somme al termine di cinquanta, pur appassionanti, serate di campionato. Al contrario: è proprio a quel punto che arriva il bello, poiché da lì in poi può capitare di tutto. Basti pensare al cammino compiuto da Bienne e Lugano negli ultimi playoff. O anche soltanto all’incredibile andamento di quella stessa semifinale.
Tutti tornano a scommettere sullo Zurigo: e se invece finisse come nel caso del Berna, qualche mese fa?
Poi, va da sé, sul mercato contano i soldi, non le emozioni. E i suoi lo Zsc negli ultimi mesi pare averli spesi benissimo: soli quattro arrivi – e questo di per sé è già un buon segnale –, e soprattutto uno più importante e significativo dell’altro. Nell’ordine: Bodenmann, Hollenstein, Noreau e Cervenka. Roba da chiedersi come faccia una squadra del genere a non vincere il campionato. Ciò che, però, in fondo, già si diceva del Berna dell’anno prima, poi tutti sanno come andò a finire. L’impressione, in generale, è che in futuro per i cosiddetti ‘top team’ sarà sempre più dura profilarsi, naturalmente a tutto beneficio dello spettacolo. Merito degli enormi progressi che sta compiendo il nostro campionato anche sul piano delle infrastrutture, dopo essere rimasto ancorato a lungo all’età della pietra, hockeisticamente parlando, e che a poco a poco sta portando a compimento una metamorfosi iniziata ormai da una decina d’anni. E grazie a budget in continuo aumento, Bienne e Losanna prima, e in futuro pure Friborgo e Ginevra, faranno di tutto per erodere il ter-
reno su cui nel frattempo si sono accampati gli altri club che vanno per la maggiore, quindi Berna, Zurigo, Lugano e Zugo, puntando ad avere anche loro una fetta di torta. Ciò che, con buona probabilità, farà sì che in prospettiva il panorama finisca con lo spaccarsi in due, mentre adesso si parla ancora di campionato a tre velocità.
Sonnenstube Tessin
Nel frattempo, il sole è tornato a far capolino su tutto il Ticino, e non capitava da tempo. Così, alla Cornèr Arena come alla Valascia
si guarda alla nuova stagione con rinnovato e giustificato entusiasmo. Dopo essere arrivato in finale per ben due volte nelle ultime tre stagioni – risultato di cui tutto si può dire, tranne che sia frutto del caso –, il Lugano ha intrapreso la strada del consolidamento della propria posizione, puntando a stabilirsi saldamente tra le migliori quattro squadre del campionato. Un traguardo, tuttavia, non tanto scontato da raggiungere, pensando – appunto – all’enorme pressione che comincia a spingere dal basso. E questo Ireland e la dirigenza
bianconera lo sanno bene. Sempre a proposito di consolidamento, ad Ambrì ci si avvia all’inizio della seconda tappa di un processo di sviluppo allestito pensando al medio-lungo termine, dopo una ‘stagione zero’ ricca di insidie, ma che la rapida inversione di rotta decisa da chi ha agguantato il timone ha brillantemente saputo scongiurare. Mentre nella nuova stagione le acque dovrebbero essere meno agitate: non solo per l’accresciuta qualità del contingente, bensì pure per il vantaggio psicologico della presenza di un Rapperswil che probabilmente sarà costretto
a indossare i panni della vittima designata, siccome dovrà incassare il colpo dopo il balzo nella nuova categoria. In Leventina, però, non bisogna dimenticarlo, il destino lo si gioca pure su un altro terreno, quello della piana dell’aeroporto. Con gli sviluppi presi nelle ultime settimane dal progetto che hanno un peso semplicemente fondamentale sull’esistenza stessa dell’hockey ad Ambrì. E che il campionato in futuro abbia ancora tre velocità, oppure soltanto due, poco importa: il vero punto è che, d’ora in poi, chi si ferma è perduto.