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Il Nazionale decide Le donne in piazza

Lunedì al Consiglio nazionale si decide la sorte del progetto che mira a far emergere le disparità retributiv­e fra uomo e donna. Gruppo Plr ago della bilancia.

- di Stefano Guerra da Palazzo federale

Analisi quadrienna­li sulla parità salariale nelle imprese con oltre 100 dipendenti. La sorte del progetto si gioca lunedì in Parlamento. Domani a Berna manifestaz­ione nazionale.

Il Consiglio di Stato vodese vuole un’uguaglianz­a salariale totale nell’amministra­zione cantonale. Mercoledì ha presentato una serie di misure per raggiunger­e l’obiettivo nei prossimi anni: il tempo dedicato all’educazione dei figli sarà conteggiat­o come tempo di lavoro e il salario adeguato di conseguenz­a; i posti a tempo pieno potranno essere occupati all’80-90%, in modo da conciliare meglio vita privata e attività profession­ale; verranno promossi telelavoro e orari flessibili; il congedo paternità passerà da 20 a 22 giorni; i salari più bassi (percepiti per il 70% da donne) saranno aumentati; le disparità salariali saranno individuat­e grazie ad analisi effettuate ogni 3-5 anni; e così via. La démarche vodese – certo limitata al settore pubblico, ma degna di nota poiché comprensiv­a, ossia non incentrata sull’aspetto salariale – fa impallidir­e il progetto che lunedì giungerà sui banchi del Consiglio nazionale. Obbligo di analisi sulla parità salariale solo per le imprese con oltre 100 dipendenti (interessat­i sono lo 0,9% delle aziende e il 45% dei lavoratori), nessuna sanzione per chi non lo rispetta o non corre ai ripari, nessun’altra analisi se la prima indica che le cose sono a posto, e dopo 12 anni tutto finito: l’idea è sempliceme­nte di identifica­re le differenze retributiv­e tra uomo e donna che non trovano una spiegazion­e, nella speranza che le aziende vengano incentivat­e ad agire per concretizz­are il principio – sancito dal 1981 nella Costituzio­ne federale – del salario uguale per un lavoro di uguale valore. Il progetto è “insopporta­bilmente moderato”, ha scritto tempo fa l’editoriali­sta del ‘Tages-Anzeiger’. Anche in Parlamento in molti la pensano così. Eppure le resistenze sono forti: «È rivoltante ciò che sta avvenendo qui», sbotta parlando con la ‘Regione’ Isabelle Chevalley (Pvl/Vd), che afferma di essere «entrata in Parlamento come donna» ed è ora convinta che «ne uscirà femminista».

Progetto ridimensio­nato

Passo dopo passo, le modifiche della Legge federale sulla parità dei sessi presentate nel luglio del 2017 dalla ministra di Giustizia e polizia Simonetta Sommaruga hanno perso mordente. Hanno rischiato grosso agli Stati, dove una manciata di ‘senatori’ Ppd ha dato manforte a chi voleva prendere tempo rinviando il dossier in commission­e. In seconda battuta, la Camera dei Cantoni lo scorso maggio ha sì approvato il progetto, ma ridimensio­nandone ulteriorme­nte portata (l’obbligo di analisi varrà solo per le aziende con più di 100 dipendenti, anzi-

ché 50 come voleva il Consiglio federale), incisività (né liste nere, né sanzioni) e durata (12 anni). Quel che ne è rimasto ha avuto poi vita dura nella commission­e preparator­ia del Nazionale. L’entrata in materia è stata approvata per 13 voti contro 11 e un’astensione; e nella votazione complessiv­a la proposta è passata solo grazie al voto decisivo della presidente della commission­e, Christine Bulliard-Marbach (cfr. sotto).

L’esito del dibattito in agenda per lunedì pomeriggio nel plenum – dove la destra (Udc e Plr) dispone della maggioranz­a assoluta, 101 voti su 200 – è aperto. La sinistra voterà compatta a favore del progetto, cercando di apportarvi migliorame­nti puntuali. Il Ppd ne ha fatto un dossier strategico: al massimo vi sarà qualche astensione. I Verdi-liberali dovrebbero votare tutti a favore. Nel Pbd, osserva la capogruppo Rosmarie Quadranti (Lu), almeno una grande maggioranz­a

dei deputati resterà sulla linea degli Stati, seguita in toto dalla commission­e del Nazionale. Nel gruppo Udc ci si può aspettare al massimo qualche isolata astensione. Ago della bilancia sarà dunque il Plr. Una metà circa delle donne liberali-radicali è pronta a votare ‘sì’; i loro voti, sommati a quelli di alcuni colleghi di partito (soprattutt­o ‘latini’), dovrebbero alla fine bastare a non far capottare il progetto. In ogni caso, alla fine nessuno farà salti di gioia.

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KEYSTONE Donne ben rappresent­ate sulle tribune del Consiglio nazionale

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